Natura e Avventura – Escursione sul ghiacciaio del Cedec (Alpi Retiche)

A spasso tra i ghiacciai

Quando si parla di Alpi e ghiacciai, subito ci vengono in mente le altissime vette valdostane che superano i quattromila metri, imbiancate anche d’estate, casa di animali arrampicatori e sfondo di epiche imprese alpinistiche di eroi del passato ritratti su pellicola con corde a tracolla e rudimentali piccozze.

Non tutte le vette perennemente imbiancate si trovano solamente tra le valli dei quattromila ed infatti, grazie alle diversità climatiche latitudinali, possiamo osservare luoghi dove i ghiacci riescono a prosperare anche a quote più basse.

Tra le Alpi retiche, a nord del Lago di Como, nella diramazione più orientale della Valtellina, c’è un luogo dove i ghiacciai spiccano tra il verde delle praterie d’alta quota.

La Val Cedec ha origine sulla destra orografica della Valle dei Forni, dominata dall’immenso ghiacciaio omonimo: un ghiacciaio di dimensioni ciclopiche, il secondo per estensione in Italia, nonché l’unico ghiacciaio di tipo himalaiano presente sulle nostre Alpi.

Si tratta di un ghiacciaio che nasce a partire da tre bacini collettori le cui lingue glaciali vallive confluiscono in un’unica lingua di cui possiamo ammirarne la parte terminale a poca distanza dal rifugio.

Gli immensi seracchi alti decine di metri ammaliano lo spettatore con la loro imponenza tale da sembrare vicini una manciata di minuti di cammino.

Nonostante le dimensioni anche questo ghiacciaio è stato afflitto dai recenti cambiamenti climatici che hanno provocato una notevole regressione della lingua terminale di qualche centinaio di metri e un suo assottigliamento durante le ultime decine di anni. Se andiamo a vedere una foto di fine ‘800 e la comparassimo con ciò che vediamo ora, resteremmo amaramente stupiti.

Osservare un corpo glaciale di questa portata e sapere che la sua scomparsa da ora in avanti potrebbe con molta probabilità essere più veloce di quanto sia mai successo in precedenza, non può non suscitare in noi un senso di tristezza. Stiamo osservando qualcosa di unico eppure di effimero.

Se volessimo andar per sentieri lungo la parte terminale della Valle dei Forni fino al cospetto dei giganteschi seracchi terminali del ghiacciaio, possiamo inerpicarci tra i sentieri di tale vallata sapendo che poco più di trecento metri di dislivello più avanti, si trova il rifugio Cesare Branca a far da punto d’appoggio per escursionisti e scalatori.

Se dal Rifugio dei Forni procediamo verso nord, entriamo nella spettacolare Val Cedec, una valle glaciale circondata da vette che superano i tremila metri, dominata nella parte terminale dalla sagoma piramidale del Gran Zebrù che con i suoi 3857 m di altezza è la seconda montagna più alta del Parco del gruppo dell’Ortles- Cevedale.

Lungo la vallata non è raro udire i fischi delle marmotte (Marmota marmota) che comunicano da una tana all’altra, buche oltre le quali si estendono le città sotterranee di questi animali caratteristici delle praterie d’alta quota.

La fauna tipica del luogo comprende anche i più consueti ungulati che abitano le Alpi, lo stambecco (Capra ibex) e il camoscio (Rupicapra rupicapra). Questi animali, i ben noti arrampicatori di pareti subverticali, possono essere osservati a gruppi o singolarmente; talvolta non sono rari incontri ravvicinati con alcuni di loro (stambecchi in particolare) e durante tali incontri è bene non tentare di approcciarli in alcun modo.

Stambecchi e camosci, nonostante possano essere frequentemente scambiati l’uno per l’altro, possono essere facilmente distinti sulla base di poche caratteristiche. Mentre lo stambecco possiede una colorazione uniforme su tutto il suo pelo, il camoscio presenta una colorazione marrone scuro del manto, in netto contrasto con il pelo sulla testa che è bianco. Ad aiutarci nel distinguere le due specie, ci viene in aiuto la presenza di due bande longitudinali sulla faccia del camoscio che percorrono la testa dalla base delle corna alla punta del naso. Se osserviamo il camoscio frontalmente lo possiamo riconoscere grazie alla presenza di una porzione di pelo bianca di forma triangolare con la punta verso il basso. Un altro caratteristico carattere che differenzia le due specie consiste nelle corna le quali nello stambecco possono arrivare a raggiungere dimensioni molto maggiori con una curvatura uniformemente distribuita dalla base fino all’apice.

Con un po’ di fortuna è possibile osservare anche i cervi (Cervus elaphus) e se veramente è la nostra giornata, potremo avvistare anche il mitico gipeto (Gypaetus barbatus), il grande avvoltoio alpino con la testa dal piumaggio chiaro e le ali scure, che nidifica sulle impervie pareti rocciose.

Sul tappeto erboso del fondovalle, tra una roccia e l’altra, una miriade di fiori dai colori vivaci donano sfumature variegate al quadro. Ci troviamo nel Parco Nazionale dello Stelvio, culla di inaudita bellezza per geologia, flora e fauna; uno dei paradisi italiani d’alta quota per eccellenza.

Al centro della vallata, a far da supporto alle varie escursioni o scalate possibili in questa meravigliosa vallata, ad una quota di 2706 m è presente il Rifugio Pizzini Frattola, luogo di ristoro dove poter rinfrancare le energie che la montagna è solita sottrarre ai suoi visitatori. Per i più impavidi che volessero cimentarsi con escursioni in alta quota o nella scalata di qualche vetta, da questo punto è facilmente raggiungibile il Rifugio Casati, posto nelle immediate vicinanze del Gran Zebrù e quasi alla stessa quota del ghiacciaio del Cevedale, le cui lingue frastagliate sono ben visibili dal fondovalle, mentre il plateau sommitale lo si può osservare salendo in quota dal versante opposto della vallata.

Ed è proprio su questo versante, tra il Passo Zebrù nord e la Cima dei Forni orientale, che torniamo indietro nel tempo di diverse decine d’anni grazie alla caratteristica più insolita di questa valle: il cosiddetto “villaggio militare”: un complesso di costruzioni costruite con muri a secco, poste a quota elevata, costruite dagli alpini nel corso della grande guerra, quando su queste creste sorse la linea di fronte tra Italia e Impero Austro Ungarico.

La necessità di tenere presidiati questi luoghi impervi, rese necessaria la costruzione di luoghi di riparo e difesa in siti e condizioni letteralmente estreme, utilizzando materiale roccioso prelevato in loco, opportunamente lavorato e posizionato a formare muri (talvolta dotati di rudimentali finestre), latrine, stanze e corridoi.

Se per caso passeggiando tra queste rovine, capitasse di sentire un leggero venticello che ci procura la pelle d’oca, immaginiamo le condizioni di vita estreme a cui furono sottoposti i soldati impegnati nel presidio di queste linee durante la stagione invernale.

Gli insoliti eventi bellici che interessarono questa vallata, portarono alcuni autori a descrivere tali avvenimenti come “guerra bianca”, un insieme di battaglie rese ancor più difficili dall’ambiente inospitale in cui si veniva a trovare la linea del fronte.

Dai ruderi degli antichi fortini militari d’alta quota osserviamo l’intera vallata dominata dal Gran Zebrù e dal Ghiacciaio del Cevedale, promettendoci di visitare ognuno dei sentieri di questa meravigliosa valle e delle valli vicine, fin sui valichi e sulle alte creste, regno del ghiaccio perenne.

Namastè!


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Ciao a tutti, mi chiamo Matteo, e la natura è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Questa passione mi ha accompagnato durante la mia crescita, finché non è sfociata in determinazione nel volerla trasformare in una professione. Ho frequentato così un percorso universitario a tema ambientale naturalistico che mi ha dato modo di ampliare ed approfondire nel modo migliore le mie conoscenze in materia e, successivamente, spinto dal voler trasmettere le sensazioni che la natura può regalare, sono diventato guida escursionistica. Inoltre, faccio parte dell’associazione Docet Natura e collaboro con ASD La Ventura. Provo un’immensa soddisfazione nel vedere i sorrisi e gli sguardi pieni di meraviglia nelle persone che scoprono la maestosità di piccoli fenomeni naturali, a loro poco prima sconosciuti!

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