Gli appartamenti della Mandria a Venaria Reale (TO)

Il comune della Venaria Reale si trova a soli 10 km da Torino ed è diventata famosa in tutto il mondo nel 2007 per il restauro e la riapertura della sua Reggia, oggi Patrimonio dell’Unesco.

Non c’è turista in visita a Torino che non voglia passare almeno mezza giornata a Venaria, per scoprire questo splendido Palazzo e magari pranzare in uno dei numerosi ristoranti che si trovano nella via principale, la via Andrea Mensa. L’altra metà della giornata spesso è dedicata al rientro a casa o alla visita di qualche sito torinese, dalla Basilica di Superga, ad un museo cittadino.

Raramente si programma di trascorrere l’intera giornata nella città delle “caccie sabaude” per scoprire un altro gioiello, una perla che compone insieme alla ben più conosciuta Reggia, un diadema imperdibile. Mi riferisco a ciò che ruotava attorno alla residenza barocca dei Savoia, ovvero al luogo delle “venazioni”: il grande parco detto “della Mandria”, che si trova a circa un chilometro dalla Reggia, alla fine del viale Carlo Emanuele II.

E’ un luogo unico, uno spazio verde di 3.000 ettari, con aree di bosco e con 23 corpi di fabbrica, in parte ancora visitabili. Ci si può perdere nel verde, passeggiando a piedi o con la bicicletta. Magari andare a fare jogging, oppure degli esercizi a corpo libero. E’ un parco per tutti ed i turisti possono rilassarsi e soprattutto andare a visitare gli appartamenti di Borgo Castello, che sono stati gli appartamenti privati di Vittorio Emanuele II. Il re acquistò, nel 1863, per la cifra di 200.000 lire tutta la tenuta della Mandria, che apparteneva alla Corona. Il motivo era fare lì la residenza sua e della sua famiglia, quella costruita con Rosa Vercellana, della la “Bela Rosin”, sposata con nozze morganatiche nel 1869.

I due si conobbero a Racconigi, quando Rosa aveva solo 14 anni e Vittorio 27. Lei figlia del Tamburino Maggiore del re Carlo Alberto e lui figlio primogenito del re. Tra i due nacque un amore forte e duraturo, che attraversò tutto il periodo risorgimentale, non senza momenti di crisi e tradimenti da parte di Vittorio, che era comunque sposato con la bellissima cugina Maria Adelaide, e, a quanto si dice, anche da parte di Rosa. Forse i tradimenti della “Bela Rosin” erano semplici pettegolezzi, messi in giro da Cavour, che mal sopportava questa relazione, specialmente dopo la morte della Regina nel 1855, quando la coppia, finalmente, avrebbe potuto convogliare a nozze. Nel frattempo nacquero anche due figli, molto “sani”, come diceva Vittorio, perché Rosa era una donna forte e soprattutto non aveva rapporti di sangue con casa Savoia.

Rosa era anche un’ottima cuoca e preparava al suo Bigio delle buone bagna caode che lui mangiava con gusto.

“Bigio” e “Bigia” erano i nomignoli con i quali si chiamavano Vittorio e Rosa, tra le mura domestiche.

Il re decise di far recintare l’area del parco con un muro ancora oggi esistente, lungo 30 chilometri, per evitare che persone indesiderate disturbassero la sua vita privata.

Per la realizzazione di Borgo Castello, Vittorio Emanuele incaricò gli architetti Domenico Ferri e Barnaba da Panizza, i quali si occuparono del progetto e realizzazione degli appartamenti e, nel contempo, di edificare altri corpi di fabbrica per le esigenze del re e per far sì che il sistema “Mandria” potesse funzionare al meglio.

Gli appartamenti del piano nobile, dove viveva la coppia, era composto da circa 14 stanze, oltre a disimpegni, corridoi e soprattutto una camera da letto riservata al Gran Veneur, cioè l’incaricato a dirigere le battute di caccia del re. In questa stanza fanno mostra di sé un anaconda impagliata di 5 metri, una pelle d’orso e diversi attaccapanni realizzati con zampe di camosci e stambecchi.

La prima camera è la sala d’aspetto, la più formale di tutto l’appartamento. Anche se la Mandria era un luogo privato del re, poteva capitare di ricevere lì, anziché a Palazzo Reale, ministri o senatori del Regno. Dunque sui cassettoni lignei del soffitto vediamo stemmi sabaudi, mentre alle pareti un albero genealogico della famiglia insieme a quadri con temi di caccia e mobili che imitano lo stile Luigi XV.

Dalla sala d’aspetto una porta ci conduce al corridoio che comunica con tutte le stanze, mentre dal lato opposto si entra nella stanza guardaroba dove nei mobili dalle linee semplici, Vittorio Emanuele conservava i suoi abiti da caccia. La stanza successiva è quella delle udienze, dove prevale ancora uno stile formale. Infatti nel centro della parete sud c’è un bel ritratto di Vittorio Emanuele II in veste di re, mentre gli altri quadri rappresentano paesaggi, rovine romane e animali dipinti da autori contemporanei del re ed acquistati, secondo un gusto personale, da Vittorio e Rosa nelle esposizioni che si tenevano annualmente alla Promotrice delle Belle Arti. Anche i mobili dell’appartamento sono, per la maggior parte, acquistati presso i fratelli Levera, che erano mobilieri dell’epoca dove si servivano le famiglie borghesi dell’Ottocento. Mobili di ottima fattura, ma fatti in “serie” e non dagli ebanisti di corte. Unica eccezione i mobili che si trovano nel Salotto Orientale che fu camera del re. Lì letto e mobili coordinati sono di Gabriele Capello detto il Moncalvo che li aveva realizzati per la Villa dei Laghi. Il letto è scolpito a tronchi e rami e fanno capolino un gatto, uno scoiattolo, una lucertola e diversi uccelli.

I soffitti delle sale sono tutti, tranne uno rifatto nel Novecento, a cassettoni. I fratelli Mossello sono gli artisti che li hanno decorati, con putti, allegorie e soprattutto, tema di ogni ambiente, rose. Tante, tantissime rose, declinate in diversi colori e fogge. La casa è dedicata alla Bela Rosin,“la regina senza trono e senza corona”, come diceva Costantino Nigra.

Le sale centrali sono quelle vissute con gli amici, che trovavano alla Mandria un ambiente molto meno formale che quello di Torino. Ci sono una sala da ballo con il soffitto decorato con putti vestiti con maschere di carnevale, una bella sala da pranzo, con sedie in pelle, così da poterle pulire con facilità ed un quadro di Marco Lemmi che ritrae due dei cani preferiti del re: Lisetta e Milord, anche se ciò che colpisce di più è la ricca cornice lignea scolpita con fiori, trofei di caccia e fucili.

La sala del biliardo ha una bella illuminazione ad acetilene, che permetteva una luce ben più intensa delle lampade ad olio, così da poter far tardi a giocare! Sulle pareti diversi acquerelli con le battaglie della Seconda Guerra di Indipendenza, ma il protagonista è un ritratto del re cacciatore del 1878 firmato da Carlo Pittara, uno dei fondatori della scuola di Rivara.

C’è anche una sala da gioco per signore, con tavolo e un particolare sofà ad angolo sempre dei fratelli Levera, mentre il tavolino da gioco originale non esiste più.

Nella camera da letto di Rosa il colore prevalente è il bianco. I mobili sono laccati e decorati in azzurro.

Un curiosità: sulle verande dei due salotti posti a ovest e ad est ci sono le toilette.

Il piano terreno, oggi adibito a biglietteria, propone una mostra di carrozze e, nella sala attigua, due meravigliosi ritratti di Emanuele Filiberto duca d’Aosta e della moglie Elena d’Orleans, datati 1898 e firmati da Giacomo Grosso. Tra il 1895 e il 1898 Elena fu ospite negli appartamenti per stare vicino al marito, in servizio militare presso la caserma di Venaria.

In quell’epoca la Mandria era di proprietà della nobile famiglia dei Medici del Vascello. Infatti, con la morte di Vittorio Emanuele II nel 1878, il nuovo re Umberto I decise di vendere la proprietà, dando una sorta di vitalizio in denaro a Rosa Vercellano affinché lasciasse la casa. L’onta di questo matrimonio pesava molto al nuovo re ed è così che decise di alienare la proprietà.

I Medici del Vascello mantennero quasi inalterati gli appartamenti del re e, grazie alla loro lungimiranza, noi oggi possiamo ancora immergerci in un’atmosfera particolare, diversa da quella solenne di Palazzo Reale o di qualunque altra residenza sabauda.

Nel corso degli anni i Medici del Vascello lottizzarono il Parco della Mandria e in parte fu venduto, ma nel 1976 la Regione Piemonte acquistò circa 1.200 ettari. Con il passare degli anni altri lotti furono acquistati per arrivare ai 3000 ettari, più le aree pre-parco per un totale di 6.300 ettari che oggi coinvolgono ben 14 Comuni.

All’interno del Parco, tra le 23 costruzioni, ci sono i Reposoir di Caccia, come Villa dei Laghi o la Bizzarria, cascine, ruderi medievali ed una chiesa, maneggi ed oggi anche servizi come: ristoranti, noleggi bici, ed un comodo trenino per avere una visione generale della Mandria.

Nei ristoranti del Parco i menù degustazione sono tipici piemontesi. A seconda della stagione si possono provare piatti diversi. Immancabili sono gli antipasti, dai peperoni con bagna caoda al vitel tonné o flan di verdure. Come primi piatti gli agnolotti non mancano mai, ma la scelta è sempre difficile quando ci sono anche tajarin o risotti. Per finire gelati, panna cotta e dessert della casa, tanto le possibilità di smaltire le calorie, alla Mandria, non mancano.

Vi aspetto per scoprirla insieme!


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Ciao, sono Donatella Ferraris. Avete sentito dire che Torino è una città industriale, grigia? O che in Piemonte non c’è molto da vedere, salvo le montagne? Allora il mio obiettivo sarà quello di farvi innamorare del mio territorio, non solo con gli articoli che scrivo, ma anche con delle visite pensate ad hoc per ogni esigenza. Mi piacciono la storia, l’arte, l’enogastronomia, le curiosità legate alla mia Regione e le lingue. È per me fantastico lavorare con turisti di altre Regioni d’Italia e con stranieri. Soprattutto quando tornano a casa con un po’ di Piemonte nel cuore.

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