Venezia d’autore – La cappella musicale di San Marco

La cappella musicale di San Marco funzionava come una vera e propria istituzione statale che offriva ai suoi membri i medesimi privilegi offerti a coloro che appartenevano ad altre istituzioni o confraternite veneziane, come le Scuole d’arte o di devozione.

La gerarchia si svolgeva in: maestro di cappella, maestro concertatore, gli organisti (tre o quattro), una trentina di musicisti vari, e circa venticinque cantori (tutti maschi – bambini e castrati facevano le voci alte). Il maestro di cappella è il solo ad essere autorizzato a comporre nuove opere. Si accede alla cappella musicale solo tramite concorso.

In ogni caso, parallelamente alla loro funzione ufficiale, tutti i musicisti hanno una loro carriera personale che si sviluppa in seno ai teatri d’opera, nelle cappelle dei quattro ospedali cittadini, nei palazzi o nelle accademie.

Nel 1527 assume l’incarico di maestro di cappella di San Marco il compositore fiammingo Adrian Willaert, che sfruttando l’effetto particolare creato dalle due tribune poste una in fronte all’altra nella Basilica e dei due rispettivi organi, inventò un nuovo stile detto “antifonale” che è considerato il seme da cui la scuola veneziana evolverà verso lo stile “policorale”. Una musica sontuosa la sua, che giocava con gli echi creati dalle cupole di San Marco e che ottenne subito un grande consenso non solo a Venezia ma in tutta Europa.

Suoi allievi furono: Gioseffo Zarlino e i due celebri Gabrieli, Andrea e Giovanni.

Gioseffo Zarlino nasce a Chioggia ma giunge presto a Venezia per studiare musica presso Adrian Willaert. Monaco francescano, Zarlino assume la direzione della cappella musicale di San Marco nel 1565 e la conserva fino alla morte nel 1590.

Egli è notevole compositore e si impone in particolare per le sue intense speculazioni teoriche sulla musica e sul suono, sul rapporto tra musica e matematica. A tal riguardo pubblica numerose opere. Alcune sue investigazioni stimolano lo sviluppo della liutistica, i cui risultati vengono trasportati dal Palladio e dal Sansovino in architettura e dal Tiziano in pittura. I suoi studi contribuiranno a creare il moderno sistema tonale.

Vengono chiamati semplicemente i Gabrieli. Si tratta invero dello zio Andrea, organista della cappella di San Marco dal 1564 fino alla sua morte nel 1586, quando gli successe Giovanni, suo nipote e allievo. Quest’ultimo in particolare evolve la tradizione di Willaert (predecessore dello zio) verso uno stile più moderno che lascia spazio all’improvvisazione personale dei musicisti e dei cantori.

I Gabrieli avranno un successo clamoroso in Germania dove esercitano una profonda influenza sui musicisti a venire. Nel 1585 a Vicenza viene inaugurato il celebre Teatro Olimpico, opera di Palladio, con l’esecuzione di Edipo tiranno scritto a quattro mani da Andrea e Giovanni Gabrieli.

Ascoltando il Magnificat di Giovanni Gabrieli (33 voci, 7 organi e 12 strumenti a fiato) sembra quasi di vedere le navi della Serenissima durante la battaglia di Lepanto, le vele delle galere che schioccano nel vento, le carene delle navi che si urtano e le sciabole che fendono teste.

Alla cappella musicale di San Marco è legata un’altra importante figura: Claudio Monteverdi.

Claudio Monteverdi nasce nel 1565 a Cremona e comincia la sua carriera di musicista al servizio del duca Gonzaga, alla corte di Mantova.

Resta vedovo nell’inverno 1607, durante la rappresentazione della sua prima opera, Orfeo, presso il teatro di corte. Dopo la morte della moglie, Monteverdi si presenta al concorso per il posto di maestro di cappella a San Marco, vince e occupa quella carica fino alla morte, nel 1643.

Nella cappella musicale del Doge, Monteverdi assume la successione artistica di Willaert e dei Gabrieli, e trasforma la scrittura dei cori battenti, tipica del Rinascimento, in uno stile concertante, caratteristico dell’epoca barocca.

La presenza di Monteverdi a San Marco corrisponde al periodo di maggior splendore, non solo per la qualità della musica, ma anche per la coesione della cappella, che Monteverdi dirige con maestria.

A Venezia intraprende una brillante carriera di compositore: lavora per i Palazzi, per le Accademie, per le Confraternite, pubblica innumerevoli opere drammatiche. Ormai avanti con l’età partecipa anche all’avventura della nascita dell’opera, della quale è considerato uno dei fondatori.

Con lui gli stili sacro e profano si avvicinano; sulla scia delle scene teatrali il canto solista diventa sempre più virtuoso ed espressivo. Monteverdi afferma le proprie idee restituendo al senso e alla chiarezza del testo tutta la loro importanza. Il testo era infatti diventato incomprensibile nei madrigali del Rinascimento.

Nel 1632, Monteverdi prende i voti e si isola dal mondo. Il suo ritratto attribuito a Bernardo Strozzi ce lo presenta con l’abito talare, il volto emaciato, la barba elegantemente tagliata e un libro di musica in mano.

Monteverdi si spegne nel novembre 1643. Le sue spoglie riposano nella Basilica dei Frari.

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WALTER FANO
Nato da padre piemontese e madre veneta, ha vissuto per lo più tra Torino, Milano e Venezia, ma è in quest’ultima che si sente a “casa”. Appassionato di storia dell’arte decide di diventare guida turistica, ma con un’impronta meno accademica e più narrativa (le date e i nomi si dimenticano facilmente, le storie no). Crea l’associazione “L’altra Venezia” con l’intento di mostrare ai viaggiatori più sensibili e curiosi una Venezia meno turistica e più autentica.

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