Una scheggia alpina nel cuore dell’Appennino
A cavallo tra Toscana ed Emilia, in un crocevia di alti crinali che conducono alle vette più alte dell’Appennino Settentrionale, ben ripartite tra le province di Parma, Modena e Pistoia; troviamo un’area punteggiata da piccoli laghi glaciali testimonianza delle glaciazioni del Quaternario.
Una regione densa di storia ed anche simbolica per il turismo montano perché connette la Garfagnana con il Frignano attraverso località che hanno (talvolta con esiti controversi) caratterizzato l’evoluzione degli sport invernali (basti pensare all’Abetone di Zeno Colò e Celina Seghi, Il monte Cimone ed il Corno alle Scale di Alberto Tomba. E la recondita Doganaccia, dove la prima funivia fu costruita… per portare il bestiame all’alpeggio di Croce Arcana.
Luoghi da sempre oggetto di transiti, data la posizione di cerniera tra il versante marittimo e quello padano e non a caso ricchi di Ospitali e case ospitaliere che rappresentavano luoghi di sosta duranti gli attraversamenti di questi alti valichi. Tra questi alti passaggi Il passo di Annibale (m 1.798 s.l.m.) ricorda il presunto passaggio nel 217 a.C. del generale Cartaginese Annibale durante la seconda guerra punica. In realtà le notizie storiche sono piuttosto incerte su questo fatto ma sicuramente esso concorre a tenere alta la notorietà di questi straordinari luoghi. Attualmente tale valico mette in comunicazione la valle delle Tagliole in provincia di Modena (con i suoi Borghi di Tagliole, Ca’ di Gallo, Ronchi e Rotari nonché il Lago Santo), con la val di Luce (o valle delle Pozze) in provincia di Pistoia.
Uno degli itinerari più belli che si si possono sviluppare dal Lago Santo ed i suoi rifugi passa proprio dal valico ed è parte di una delle più belle (ed alte) traversate dell’Appennino Tosco Emiliano.

Il Parco del Frignano – Parchi dell’Emilia Centrale
L’altissimo valore ambientale e paesaggistico di queste montagne è testimoniato da una concentrazione di aree protette e tutelate a diverso titolo davvero singolare. Il Parco del Frignano si sviluppa sull’Alto Appennino Modenese con oltre 15mila ettari di estensione e un territorio che va dai 500 metri sul livello del mare agli oltre 2.000 della vetta del Cimone, il monte più alto dell’Appennino Tosco-Emiliano. L’ambiente è ricchissimo dal punto di vista naturalistico ed estremamente variegato anche in ragione della presenza di molte specie relitte della fase glaciale quaternaria. Habitat unici, ad elevatissima biodiversità che favoriscono la crescita e la conservazione di specie rare, vegetali e animali. Circhi glaciali convivono con altri trasformati in torbiere, boschi di faggete con ampie distese di sottobosco, vallette nivali si insediano alle pendici delle montagne più alta. Nella fascia basso-montana e collinare persiste ancora un tradizione agro-pastorale molto solida che contribuisce al presidio del territorio ed al mantenimento di produzioni di altissima qualità pur nella rarefazione delle comunità rurali comune a tante zone appenniniche.
Il sistema dei Parchi Regionali dell’Emilia Centrale è decisamente contiguo al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco- Emiliano situato più ad oriente realizzando così un sistema di protezione e sviluppo responsabile con pochi paragoni in Italia ed Europa
Tutta l’area del gruppo Giovo-Rondinaio è inclusa in una Zona Speciale di Conservazione all’interno della rete europea Natura 2000 con molti habitat peculiari tutelati. Questo esteso capitale naturale basterebbe da solo a giustificare una visita di questi luoghi anche al di fuori delle attività sportive. Se uniamo questi contenuti al patrimonio storico-rurale diffuso ed alle tradizioni gastronomiche e di ospitalità ne ricaviamo un luogo di grande impatto, con ampie possibilità di soggiorno ed attività relativamente vicino alla pianura ma anche assai remoto se consideriamo le decine di curve necessarie a raggiungere le località più elevate. Proprio questo contrasto ha decretato la sofferenza del turismo invernale legato allo sci, complice il climate change; ma anche una progressiva estensione dell’offerta di attività più consapevoli ed armoniche con il territorio.


Il Lago Santo
Il Lago Santo Modenese è un lago di origine glaciale a 1501 m s.l.m., alimentato da freddissime sorgenti sotterranee e dallo scioglimento nivale. Contorna tutto il ripido versante NE del M. Giovo e da esso si dipartono diversi itinerari permettono di raggiungere la vetta del M. Giovo, il sottostante e nascosto versante occidentale con la conca glaciale delle Fontanacce che si diparte dal Passo delle Boccaie a breve distanza dal lago. Particolarmente estetica, nell’avvicendarsi delle stagioni, e la densa faggeta (oggetto di miglioramento selvicolturale) intorno all’invaso e che costituisce una notevole attrazione paesaggistica. Il lago, profondo circa venti metri e con una sponda complessivamente lunga circa un km e mezzo, ha mutato nel corso dei decenni la sua fisionomia per gli usi differenti del bosco e delle sponde. I tre rifugi presenti rimandano ad un turismo locale sempre molto vivace corroborato dall’euforia per le attività invernali che a partire dagli anni ‘60 diventano davvero rilevanti. Il Lago si raggiunge dalla strada Abetone – Passo delle Radici risalendo la Valle delle Tagliole fino al posteggio e da lì in 10 min. di cammino.


Il Lago Baccio
Tra le conche d’acqua più piccole del territorio, il lago Baccio ha origini glaciali ed è suggestivo in particolar modo per la faggeta che lo fiancheggia, in cui compaiono salicone, acero montano e sorbo degli uccellatori. La minore profondità rispetto al Lago Santo favorisce una ricca vegetazione palustre con zone parzialmente intorbate. E’ una delle aree di maggiore pregio ambientale del settore con diverse specie rare ed endemiche. Fra le specie rare che si possono osservare nei pressi del lago si ricorda il trifoglio fibrino e il pennacchio rotondo, riconducibile all’epoca glaciale e riconoscibile per il candido fiocco piumoso dell’infiorescenza. In inverno nella zona del Lago Baccio s’incrociamo alpinisti (diretti ai canaloni di neve), sciatori (verso i classici itinerari del Rondinaio e del Rondinaio Lombardo) ed escursionisti essendo il percorso a partire dal Rif. Vittoria relativamente breve e comodo (circa 30 minuti).


Dal Lago Baccio sono particolarmente evidenti le tormentate forme delle montagne: L’evoluzione geologica dell’Appennino emiliano-romagnolo, come quella di tutta la penisola italiana, è legata all’ultima delle grandi orogenesi, in seguito alla quale si sono individuate le maggiori catene montuose oggi esistenti, dalle Alpi all’Himalaya. L’Appennino è una catena con formazione polifasica, sviluppatasi in un arco di tempo tra i 135 milioni e 40 milioni di anni in seguito alla collisione tra due blocchi continentali, la zolla europea (o sardo-corsa), e la microplacca Padano-Adriatica (o Adria), inizialmente connessa alla zolla africana. Il processo di collisione tra queste due zolle continentali è stato preceduto dalla chiusura di un’area oceanica interposta tra di esse: il paleoceano ligure o ligure-piemontese (parte della Tetide).

La grande varietà morfologica di queste montagne è legata a questa storia complessa che unisce idealmente questa parte di Appennino alle vicine Alpi Apuane fino alla Liguria. I processi di deformazione dei sedimenti sono spesso visibili su queste montagne sotto forma di enormi pieghe e stratificazioni molto appariscenti.
La storia geologica di queste montagne è iniziata quando sulla Terra cominciavano a comparire le prime piante “moderne” ovvero le Angiosperme. Le successive fasi paleostoriche determinano una crescente ricchezza e selezione di specie vegetali (e quindi anche animali) che alla fine dell’ultima glaciazione rilascia una grande diversità biologica. Ad oggi questa parte di Appennino è una delle zone europee con maggiore biodiversità ponendosi come decisivo snodo tra il Mediterraneo e l’Europa continentale.
All’escursionista, o visitatore, distratto questa diversità appare soprattutto sotto forma di una grande varietà di paesaggi e di colori nelle diverse stagioni ma l’elenco delle specie rintracciabili nelle documentazioni relativa all’istituzione della Zona Speciale di Conservazione stupisce per il numero e soprattutto la quantità di quelle rare. Lo ZSC del Giovo confina con due altri importanti siti Natura 2000 collocati sul versante toscano.
L’ambiente vegetale predominante è la faggeta, che occupa l’estesa fascia montana e stabilisce (intorno ai 1.700 metri di altezza) il limite superiore della vegetazione arborea. Nelle compagini più ricche, al faggio si affiancano aceri di monte, maggiociondoli di montagna e sorbi degli uccellatori. A fondo valle si trovano facilmente filari di aceri, ciliegi selvatici, frassini, querce, roverelle e carpini, talvolta con esemplari secolari. I castagneti da frutto sono diffusi nei pressi delle zone abitate, essendo stati per secoli la principale fonte di sostentamento della gente del luogo.
Il sottobosco è composto per lo più da geranio nodoso, lattuga dei boschi, angelica minore, anemone dei boschi, stellina odorosa e acetosella, affiancati da specie rare quali aquilegie, dentarie, sigillo di salomone, erba crociona, giglio martagone e varietà di orchidee inconsuete in Emilia-Romagna, come la listera cordata e l’epipogium aphyllum. Nel sottobosco compaiono anche abeti bianchi e rossi, larici, pini neri e pini silvestri.
Boschi di conifere, come quello che circonda il Lago della Ninfa, sono diffusi sui pendii e contribuiscono a consolidare il terreno franoso e a recuperare pascoli abbandonati.
Intorno ai 1.700 metri, i boschi lasciano il posto ai vaccinieti, la cui vegetazione è composta da bassi arbusti di mirtillo nero e falso mirtillo, rosa alpina, ginepro nano e sporadici esemplari di erica baccifera e mirtillo rosso. Nella brughiera è facile incontrare anche piante usualmente radicate ad altitudini maggiori, come il rododendro ferrugineo.
Sulle sommità dei rilievi i vaccinieti sono parzialmente sostituiti dalle praterie, nelle quali si trovano piante graminacee tra cui il brachipodio e fioriture della genziana di Koch, della genzianella campestre e della viola con sperone.
Nei luoghi più impervi, laddove rimangono i segni delle glaciazioni, è possibile ammirare alcune varietà rare, come il geranio argenteo e la felce woodsia, l’aquilegia alpina, le anemoni a fiori di narciso, la pulsatilla alpina, l’astro alpino, alcuni semprevivi e sassifraghe e la “vedovella delle Apuane”, dai caratteristici fiori blu.
Il Parco del Frignano ( e dunque anche il gruppo Giovo-Rondinaio) si trova al centro di una vasta regione di aree protette – confina a sud con il Parco dell’Orecchiella, a ovest con il Parco del Gigante e a est con il Parco del Corno alle Scale – in una posizione ideale per conservare e accrescere una fauna ricchissima e variegata. Il territorio è infatti popolato da alcune specie rare come il lupo, fino a poco tempo fa considerato in via di estinzione, l’astore, la martora, l’aquila reale e il gufo reale. In alta quota sono numerose le colonie di marmotte, mentre nei prati che intramezzano i boschi fanno spesso capolino i cervi. Nelle zone confinanti con il Parco del Corno alle Scale è possibile osservare la corsa agilissima del muflone, e di recente ha fatto la propria comparsa anche l’istrice.
Più comuni e diffusi sono il capriolo, il daino, la faina, la donnola, il cinghiale, il tasso, la volpe, lo scoiattolo, il ghiro e il minuscolo moscardino. Nelle praterie più alte è facile imbattersi nell’arvicola delle nevi, un roditore dalla folta pelliccia che non va in letargo, e sotto la coltre di neve scava una fitta rete di cunicoli che balzano agli occhi con il disgelo.
Numerosi anche i rapaci, tra i più comuni il gheppio, lo sparviero e la poiana. Tra i castagni che si stagliano nei fondovalle nidificano l’allocco e il gufo comune.
La ricchezza ambientale del parco consente a numerose specie di uccelli di trovare il proprio habitat ideale: dai picchi alle averle, dai merli ai lucherini, dalle allodole ai fringuelli. Nelle foreste di conifere sono comuni il regolo, il fiorrancino, il ciuffolotto, il crociere. Tra le pareti rocciose è facile scorgere il picchio muraiolo, dalla stupenda livrea rosa intenso. Il picchio muratore abita invece i boschi cedui insieme a cinciarella e cincia bigia. Fanelli e culbianchi sorvolano le praterie del crinale, mentre il passero solitario, facilmente riconoscibile per il colore blu scuro, nidifica tra le rocce. Nelle zone aride nei pressi delle pietraie abita invece il codirossone.

Nei numerosi torrenti è possibile imbattersi in alcuni esemplari di airone cinerino, predatore di piccoli pesci e anfibi, di ballerina gialla e di merlo acquaiolo. Nelle stesse acque albergano inoltre la trota fario, che può raggiungere dimensioni ragguardevoli, il tritone alpestre, la rana temporaria e la salamandra pezzata.
In autunno, infine, è possibile assistere al passaggio di cicogne che si dirigono al sud, mentre grandi branchi di colombacci, tordi e cesene trovano riparo e ristoro nelle distese boschive.
Camminare, scalare, esplorare al Lago Santo

Il gruppo Giovo-Rondinaio è davvero un gioiello per tutti i livelli dell’alpinismo e dello scialpinismo in particolare in inverno. In estate le dorsali ed i versanti ospitano molti itinerari escursionistici con notevoli possibilità di collegamento e varianti. I severi spalti rocciosi del M. Giovo e del M. Rondinaio (e di tutte le cime minori) sono costituiti da ammassi molto fratturati di arenaria macigno spesso decisamente friabili. Gli itinerari alpinistici su roccia sono dunque pressoché inesistenti salvo una piccola e compatta falesia a breve distanza dal Lago Baccio. La grande catarsi della montagna però si concretizza in inverno: la quota relativamente elevata, il posizionamento geografico e la struttura orografica facilitano cospicuo innevamento a partire dal tardo autunno (salvo rari casi) con una trasformazione completa del volto dell’alta vallata. Le tranquille dorsali diventano maestose creste innevate, i dirupati versanti ospitano decine di ascensioni su neve, ghiaccio e terreno misto. È pressoché impossibile delineare qui tutte le possibilità esistenti che spesso si modificano, in impegno ed interesse, a seconda delle condizioni stagionali.
In linea generale le escursioni estive sui sentieri segnalati percorribili in estate in caso di neve (ed in particolare di neve dura o ghiaccio, frequenti ad inizio e fine stagione) in inverno richiedono un’attrezzatura completa comprendente piccozza e ramponi. Al rifugio Vittoria è possibile il noleggio delle ciaspole e ricevere informazioni aggiornate su tutti gli itinerari. In generale le escursioni sulle zone circumlacuali sono sempre facili mentre raggiungere le vette principali, nonostante il dislivello complessivo contenuto, richiede una maggiore preparazione. Comunque gli itinerari invernali praticabili senza attrezzature alpinistiche seppur brevi sono di eccezionale valore paesaggistico e molto remunerativi.

Il gruppo Giovo-Rondinaio ha tutte le caratteristiche per essere un perfetto campo scuola per le discipline alpinistiche invernali: la breve distanza dal posteggio e dai Rifugi, ed in particolare dal Rifugio Vittoria che è il vero punto d’incontro tra alpinisti, camminatori, ciclisti nelle diverse stagioni. Il vulcanico gestore Tex (al secolo, Massimo Bernardi) che con la famiglia conduce con attenzione maniacale la struttura è il depositario dei segreti della valle: soccorritore alpini, manutentore di sentieri, alpinista e – soprattutto. Grande forchetta che non vi farà mai mancare un’accoglienza vigorosa e premurosa nonché tutte le informazioni tecniche sulla zona.
La relativamente breve distanza parcheggio- Rifugio- attacchi degli itinerari (mai superiori all’ora di cammino) ed una lunghezza degli itinerari tra i 100 ed i 400 m, la possibilità di effettuare collegamenti e varianti di tutti i generi permette di avere un terreno di gioco ampio e diversificato dove poter modulare in molti modi l’impegno tecnico e l’uso delle attrezzature alpinistiche. I versanti più morbidi permettono un uso ideale degli sci (scialpinismo) e delle ciaspole anche in questo caso con la possibilità di collegare diversi itinerari.

Proposte di visita
Sulle tracce di Annibale
Lago Santo modenese (1501 m)
Abetone (La Consuma, 1340 m)
DISLIVELLO: +960 m / -1120 m
LUNGHEZZA:12,3 km
DIFFICOLTA’: EE (escursionisti esperti) (EEA\F+ in inverno, piccozza e ramponi)
TEMPO: 7 ore
Stagione: primavera inoltrata, estate, autunno. Con neve alcuni tratti possono presentare difficoltà alpinistiche
Tappa molto affascinante dal punto di vista ambientale e paesistico, anche se un po’ sciupata dagli impianti sciistici della Val di Luce; nella valle del Sestaione si attraversa la più bella foresta incontrata finora sull’Alta Via.
Dalle rive del Lago Santo si segue la comoda mulattiera che sale rapidamente al Lago Baccio, ai piedi di uno splendido vallone glaciale su cui incombono i dirupi della cresta dell’Altaretto.
L’ambiente d’alta montagna accompagna la salita al Passetto (1850 m) aereo intaglio della cresta sottostante la cima del M. Rondinaio, che si costeggia sul lato toscano con qualche passaggio esposto.
Tornati sul crinale, il sentiero traversa la testata della Valle delle Tagliole, passando sopra i minuscoli laghi Torbido e Turchino (piccolo rifugio) , prima di raggiungere Foce a Giovo, valico attraversato dalla via ottocentesca detta “Strada del Duca”, dove una piccola cappella può servire come riparo temporaneo.
Un’altra traversata a mezza costa sul versante emiliano porta al Passo di Annibale, sormontato da un edificio diroccato; la vista si apre sulla valle del Rio delle Pozze, ribattezzata Val di Luce e notevolmente antropizzata dalle infrastrutture sciistiche che si spingono fino alla cima dell’Alpe delle Tre Potenze.
Il Lago Piatto si trova proprio sotto una seggiovia; poco dopo si incontra il Passo della Vecchia. Da qui la via più diretta si mantiene in cresta fino al M. Gomito e poi scende all’Abetone. Percorso preferibile è invece quello che dal passo scende alle rive dello splendido Lago Nero, dove si trova un rifugio con locale sempre aperto.
La discesa a mezzacosta nella valle del Sestaione attraversa ambienti forestali di rara e primordiale bellezza, con faggi e abeti giganteschi e rocce incrostate di muschi e licheni. Ormai in vista della val di Lima si incrocia una strada forestale che porta comodamente alla Consuma, località distante circa un chilometro dal centro dell’Abetone.
La rinomata meta sciistica e turistica è sede comunale e si trova sull’omonimo valico un empo detto di Boscolungo dal nome della vicina foresta; di qui passa la strada fra Modena e Lucca, terminata nel 1781 e prima rotabile moderna ad attraversare l’Appennino settentrionale.
Il paese più alto dell’Appennino
San Pellegrino in Alpe (1524 m)
Lago Santo modenese (1501 m)
DISLIVELLO: +720 m / -700 m
LUNGHEZZA:14,8 km
DIFFICOLTA’: EE (escursionisti esperti)
TEMPO: 5,30 ore
Bella tappa di trasferimento verso le più alte montagne modenesi e la rinomata meta turistica del Lago Santo. San Pellegrino è il borgo abitato più alto dell’Appennino Settentrionale e si raggiunge con una vertiginosa e panoramica strada dalla Garfagnana oppure dal lato Modenese attraversano il Passo delle Radici.
Da San Pellegrino si sale subito nel bosco lungo la mulattiera che porta al Giro del Diavolo, grande cumulo di sassi deposti nei secoli dai pellegrini nei pressi del crinale; da qui si può prendere il sentiero proveniente dal Passo delle Radici che si mantiene vicino al filo di cresta con numerosi saliscendi, ma è preferibile seguire la bella strada forestale che corre quasi orizzontale sul versante toscano fino al valico della Bassa del Saltello.
Usciti dal bosco si rimonta il M. Romecchio, seguito dal Colle delle Vacche dove inizia l’aereo percorso lungo la cresta rocciosa delle Cime di Romecchio; affacciandosi sul versante modenese si notano le belle conche ricche di acquitrini che sovrastano le vaste faggete del Rio delle Fontanacce, mentre più lontano si staglia il bizzarro profilo ofiolitico del Sasso Tignoso.
La salita alla Cima dell’Omo (1858 m) è faticosa ma è ripagata dall’ampiezza delle vedute; al successivo valico, il Colle Bruciata, si lascia il crinale che si impenna nel M. Giovo raggiungendo in breve il grandioso anfiteatro glaciale delle Fontanacce, disseminato di blocchi morenici e ricco di sorgenti.
Attraverso le pietraie dei Campi di Annibale si giunge al Passo Boccaia, quindi una breve discesa nel bosco porta al Lago Santo, dominato dal largo versante settentrionale del M. Giovo articolato in una serie di cenge.
Sulle rive del lago si trovano ben quattro rifugi, molto frequentati in estate e nei fine settimana; la strada che risale la Valle delle Tagliole termina nel parcheggio a un quarto d’ora di distanza
La Vetta di Monte Giovo dalla Cresta No (sentiero 527)
DISLIVELLO: +550 m / -500 m
LUNGHEZZA:11 km
DIFFICOLTA’: EE (escursionisti esperti) in estate, F+\PD- in inverno a seconda delle condizioni (piccozza e ramponi)
TEMPO: 4,30 ore
Il Monte Giovo è la più rappresentativa e maestosa vetta del gruppo anche se in realtà è un’elevazione di una lunga e complessa successione di piccole cime il cui periplo completo è una delel più classiche escursioni del Lago Santo.
Dal Rif. Vittoria si prende il sentiero pianeggiante (529) che percorre la sponda destra del lago Santo passando per il Rifugio Giovo salendo il bosco di faggi con alcuni tornanti. Sulla sinistra si stacca il sentiero numero 527, che indica il Monte Giovo come unica direzione. È il sentiero più breve che porta alla vetta, ed è anche il più ripido. In inverno da qui, generalmente, si prosegue con piccozza e ramponi.
La traccia si impenna subito nei prati, salendo per la china scoscesa del fianco sinistro del Monte Giovo. Grazie a qualche tornante si superano alcuni salti di quota senza attraversare tratti complessi ed evitando le rovine di rocce (esposto con neve), fino ad arrivare all’interno di una piccola conca pensile, a quota 1900 metri. Da qui bisogna fare l’ultima rampa sul fianco occidentale (lato Fontanacce) riporta in cresta e quindi alla grande croce di Vetta. Con neve questi tratti sono da affrontare con attenzione soprattutto con vento e scarsa visibilità.

Dalla croce di vetta proseguendo lungo l’evidente cresta (sentiero 00 in estate) ci si dirige lungamente a NO fino ad arrivare al Passo Porticciola, prima di Cima Dall’Omo. Al passo si trova un bivio col sentiero 529 (poco visibile con neve ma evidente seguendo la morfologia della montagna) che si porta a destra rapidamente e aggirando il Colle Bruciata si abbassa in un avallone pensile di origine glaciale piuttosto selvaggio (vallone delle Fontanacce, sciabile in inverno). In estate dopo breve si trova la Fonte omonima seguita da una serie di ampi pianori chiamati Campi di Annibale. Da qui seguendo la traccia (o al meglio con neve sul fondo o sul fianco destro) sui superano alcune ondulazioni fino a raggiungere un dosso corrispondente al Passo della Boccaia (o delle Boccaie) dove si riincontra il sentiero 529 che riporta in breve al Lago Santo e quindi al Rifugio Vittoria.

I Campi di Annibale in autunno
Organizziamo molte attività nella zona Giovo-Lago Santo e Cimone Abetone. Saremo lieti di guidarvi a piedi, con gli sci o lungo i tanti ed avvincenti itinerari alpinistici del gruppo.


Ed a fine giornata questa è l’accoglienza del Tex al Rifugio Vittoria. Siete avvisati!
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HIKE & CLIMB – FABIO PALAZZO
Sono Guida Alpina UIAGM e Dottore Agronomo, docente a contratto di Pianificazione del Paesaggio presso l’Università di Genova. Vivo a Genova ma nel lavoro di Guida mi divido tra la Liguria, la Toscana, l’arco alpino e qualche bella esplorazione fuori dall’Europa.
Nelle due professioni, ormai da molti anni, cerco di unire le esperienze lavorative e personali in una sintesi che contribuisca ad arricchire chi entra nel mondo complesso ed emozionante delle montagne. Praticamente tutta la mia vita lavorativa è stata finora spesa nelle aree interne italiane. Che non sono solo montagne ma anche cultura materiale e comunità.
Accompagnando e formando come Guida o contribuendo al percorso dei giovani paesaggisti spero di condividere la consapevolezza per il valore e la sensibilità del territorio montano ed il suo riscatto attraverso la conoscenza e la pratica sportiva. Mai fine a se stessa.
Sono un Tecnico del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico ed un membro del Club Alpino Accademico Italiano nonché un socio ordinario dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e della Società Italiana dei Territorialisti.
Spero di condividere con tutti Voi non solo esperienze ed informazioni ma anche una presa di posizione nei confronti del mondo che cambia attraverso un modo responsabile e partecipativo di esplorarlo. Anche dietro la porta di casa!