Immagini di una storia antica
Una bella giornata di sole è l’occasione giusta per un giro in città, senza meta, senza fretta per respirare appieno il profumo di cose antiche.
Da dove comincio? Decido di iniziare il mio piccolo viaggio nel tempo dal cuore antico di Macerata e, varcando la secolare porta Montana, mi immergo in una dimensione altra, misteriosa e spesso enigmatica che mi sussurra timidamente la strada da prendere attraverso piccoli dettagli dimenticati di magniloquenti architetture, segni di una storia minore.

Ecco, quindi, che proprio nel muro interno della trecentesca porta Montana, oggi porta Convitto, si apre una nicchia abbellita da un affresco ormai sbiadito dal tempo e dall’incuria, che racconta di un’epoca lontana dove la porta era confine, protezione e passaggio della città medievale di Macerata. Testimone silenzioso dell’operosa quotidianità dei maceratesi, l’affresco quattro-cinquecentesco della Madonna con santi, esprimeva la fiducia e la speranza della popolazione maceratese che riponeva in quell’immagine soprattutto nei momenti più bui della sua storia. Osservo la meravigliosa architettura militare della porta e il mio sguardo segue la linea curva dell’arco che dall’affresco passa al lato opposto dove la robusta cortina muraria vede una seconda nicchia che fa da contraltare alla prima ma questa volta è vuota, orfana della sua pittura. Chissà cosa c’era, forse un santo, forse un’imago pietatis, e immediatamente quella mancanza accende la mia immaginazione e, come il più abile “imagier” medievale (creatore d’immagini) colloco nella nicchia un imponente San Giuliano, patrono della città.
Soddisfatta e divertita della mia immaginaria creazione artistica, seguo la strada che sale verso il punto più alto della città con l’idea di scovare altre piccole creazioni artistiche che silenziose raccontano una storia fatta di semplicità, di consuetudine, di tradizione e di sentimento. La mia passeggiata è ormai diventata una narrazione di immagini e appena mi allontano dalla porta ecco che sulla facciata dell’edificio adiacente, un tempo corpo di guardia, compare una piccola scultura moderna che rappresenta la Madonna della cintola con i suoi fedeli avvolti e protetti dalla cinta della Madonna che si snoda per avvolgerli tutti.

Andrea boscoli, Madonna della Cintola coi SS. Lorenzo, Tommaso e Francesco – Foto di Sailko
Salgo ancora, e in cima alla piccola piaggia Floriani, aperta laddove nel XIII secolo c’era la vecchia cinta muraria, ecco una graziosa struttura in miniatura appesa all’angolo della strada, le mie aspettative non vengono deluse!
Mi avvicino e trovo la figura della Vergine collocata in una piccola edicola con la data 1799. Dipinto che testimonia la sacralità del luogo che fin dal medioevo vedeva sorgere proprio lì la chiesa di Santa Caterina. Diventata successivamente chiesa della SS. Trinità e, in ultimo, dedicata a San Marco, la chiesa viene abbattuta nel XIX secolo ma preservare la memoria del luogo resta la piccola e graziosa pittura. Mi soffermo ancora un po’ e penso a quante preghiere e invocazioni siano state rivolte a quel volto così dolce e mi sembra di sentire, in lontananza, le voci sommesse di un gruppo di fedeli che si avvicinano sempre di più recitando così:
“Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle, al sommo Sole piacesti sì che ’n te sua luce ascose, amor mi spinge a dir di te parole; ma non so ’ncominciar senza tu’aita e di colui ch’amando in te si pose. Invoco lei che ben sempre rispose, chi la chiamò con fede.”
Imbocco il suggestivo vicolo del ponte e mi trovo in una parte della città immersa nel silenzio, disertata dal via-vai quotidiano e persino immune dai rumori delle strade più transitate e, proprio in questa dimensione surreale, in alto, sull’angolo di un palazzetto in mattoncini m’imbatto in un’altra figura. Questa volta si tratta di una scultura in ceramica alla maniera dei Della Robbia dove al centro del grazioso tondo è raffigurata, ancora una volta, la Madonna circondata da una ghirlanda. Il brillante cromatismo della scultura contrasta con la tenue tonalità del mattoncino e l’immagine si fa segnaculum, insegna, simbolo di una dimensione soggettiva che chiede la risoluzione di problemi esistenziali o la protezione dai rischi del mondo esterno. Piacevolmente sorpresa dalla diffusione di tali immagini, mi viene in mente quanto quest’ultime siano state importanti in passato nella loro funzione didattica, celebrativa, culturale e sociale volta a stimolare, ancora oggi, quel processo affettivo ed emozionale capace di indurre alla riflessione per un contatto più intimo con sé stessi.
Giunta in piazza della Libertà con il suo orologio astronomico e le sculture della Madonna con il bambino, l’angelo musicante e i re magi testimoni di un universo mosso dalla volontà divina, scendo all’altro capo della città medievale e noto stemmi con il simbolo IHS a ricordo di frà Leonardo di Porto Maurizio predicatore dell’ordine minoritico molto apprezzato dai maceratesi. Via via che la strada scende e le case si fanno più semplici e piccole, vedo nicchie aperte sulle pareti esterne delle stesse che ospitano immagini votive dalla funzione apotropaica verso cui i maceratesi si rivolgevano per allontanare il malocchio o per risolvere acciacchi di salute.

Nel pittoresco intrico di piaggette e vicoli, un alito di aria pungente mi spinge a concludere il mio vagabondaggio ma non prima di avere dato un’occhiata all’antico Podium Sancti Juliani e alla sua quattrocentesca porta abbellita dall’immagine della Madonna di Loreto. Questa volta l’opera ha un nome ed è quello di Elia Bonci che nel 1920 colloca il dipinto proprio laddove un tempo i pellegrini uscivano dalla città per recarsi al Santuario di Loreto.
Espressione di protezione di tipo universalistico, la preghiera alla Vergine era affiancata a quella del Padre Nostro di San Giuliano, fondamentale per affrontare l’ignoto e i suoi pericoli. E lasciando alle mie spalle l’antica porta per riprendere la strada di casa, anche io mi ritrovo a recitare la vecchia cantilena:
“San Giuliano mio che serbasti i passi e i ponti, come salvasti le altre anime ora salva la mia e quella della mia compagnia.
Se qualcuno mi deve fare un torto, dagli la forza di un morto e a me la forza del leone e la sapienza di Re Salomone.”
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Mi chiamo Daniela, abito nelle Marche e precisamente a Macerata e lavoro come guida e accompagnatrice turistica da 25 anni. Svolgo la professione di guida turistica principalmente da Ancona fino ad Ascoli Piceno passando per piccoli ed incantevoli borghi dell’entroterra e adoro condurre i visitatori nel cuore autentico delle Marche svelando loro suggestivi ed infiniti angoli sconosciuti delle Marche “….ove per poco il cor non si spaura”.
Amo narrare la bellezza della mia terra in modo insolito con letture e piccole teatralizzazioni affinché i visitatori conservino il ricordo di un viaggio che è vera esperienza. Se desiderate, dunque, conoscere meglio questo piccolo angolo di mondo, non esitate a contattarmi!