Marche sconosciute: il castello di Poggio Cupro (AN)

Benvenuti a Cupramontana, la città del Verdicchio, di cui vi ho già parlato in alcuni articoli precedenti, per andare oggi alla scoperta del suo castello storico: Poggio Cupro.  Per molti secoli “Podium Cupre”, così il suo nome latino, rappresentò l’unico indizio dell’origine romana della città di Cupramontana che nel frattempo, dal medioevo, era diventata “Massaccio”, perdendo ogni traccia della sua antica e importante fondazione.

Il castello di “Podium Cupre” intanto, per un’interpretazione sbagliata del suo nome originale, era diventato, nei secoli medievali, “Poggio Cupo” e così rimase, fino all’unità d’Italia. Forse l’agglomerato era nato grazie a dei fuggiaschi della città romana di Cupramontana, al tempo delle invasioni barbariche. I primi documenti tuttavia che ne testimoniano l’esistenza, risalgono al XII secolo, e affermano che il castello era nato intorno all’abbazia camaldolese di San Salvatore, che sorgeva nel centro storico, dentro le mura, e che dipendeva insieme alle altre del territorio, da quella più importante di Sant’Elena, a pochi km di distanza, fondata da San Romualdo intorno all’anno 1000.

L’abbazia di San Salvatore rimase attiva, sviluppandosi notevolmente nel corso del XV/XVI secolo, quando da essa dipendevano una quarantina di chiese, fino alla soppressione, avvenuta nel 1652, per volontà papale.

Andiamo ora alla scoperta del borgo, cominciando dalle sue antiche mura, che conservano ancora alcuni antichi torrioni, e che sono arrivate sino a noi pressoché intatte; risalgono al ‘300, vennero rinnovate all’inizio del ‘500, dopo i danni provocati da un terremoto.

Fuori del centro storico, sulla strada che scende a valle, sorge un’antica chiesetta seicentesca sconsacrata, che ospitò fino agli anni ’80, un asilo infantile e che oggi è sede di un Bar-circoletto, dove gli abitanti del paese s’incontrano la domenica pomeriggio, per chiacchierare, giocare a carte con un buon bicchiere di vino rosso in inverno, e nel giardino antistante, nelle calde serate estive.

Dall’unica porta che corre lungo le mura, nella cui parte interna è ancora visibile un affresco cinquecentesco, raffigurante la Madonna con il Bambino, di Pietro Paolo Agabiti, entriamo nel centro storico; anche in una casa privata, accanto all’arco d’entrata, vi sono resti di affreschi, in quanto tutto l’abitato in passato, era sede del monastero “San Salvatore”.

Proseguendo, a destra, sorgeva il forno del castello e vi erano anche, sparsi per le vie del borgo, alcuni molini ad olio. Le vie del centro storico, che non hanno oggi alcun nome specifico, si chiamavano un tempo “Piazza”, “Piazzola”, “Chiesa”, “Casarini”, “Paradiso…; la parte più alta era “Castello”.

Nel 1884 era stata istituita una fiera, ogni 16 agosto, riproposta e trasformata qualche tempo fa, con una festa paesana dalla durata di un paio di giorni, dove oltre all’allestimento di stands per degustare prelibatezze locali, la sera, c’era musica dal vivo e la notte terminava con la discoteca all’aperto, per i più giovani.

A metà settembre invece, da qualche anno, si tiene una cena medievale, nella piazzetta all’interno delle mura, dove vi sono i figuranti vestiti con gli abiti d’epoca, che dopo una processione nelle vie del castello, accompagnati da suoni di tamburi, trombe e spettacoli medievali, si seggono in una lunga tavolata e le cuoche locali, ripropongono gustosi piatti tipici medievali.

Torniamo alla nostra visita, alla piazza del castello e prima di entrare nella chiesetta cinquecentesca di San Salvatore, un gioiellino rinascimentale, ammiriamo l’insegna, ancora esistente, di un’antica osteria dove, in passato, si incontravano gli uomini del borgo, la sera, dopo il lavoro, prima di tornare a cena presso le proprie famiglie.

La chiesa invece e il monastero che le era annesso, vengono menzionate, la prima volta nel 1199, in una Bolla papale che ne riconosceva l’appartenenza alla vicina e importante Abbazia di Sant’Elena.

Da metà XV secolo, la nostra Abbazia, conobbe un notevole sviluppo quando accolse i padri Camaldolesi provenienti da un vicino monastero, che era stato donato nel frattempo all’ordine Francescano.

Fu proprio in questo periodo che l’antica chiesa venne rifatta, prendendo le caratteristiche rinascimentali.

Attraverso il bel portale in pietra scolpita, datato 1516 con l’iscrizione “Angelo Prior f.f. (“fatto fare dal Priore Angelo”), con lo stemma dei Camaldolesi (2 colombi che si abbeverano dalla stessa coppa) e con Gesù Benedicente scolpito nella lunetta, entriamo in chiesa. Si presenta con un’unica navata con copertura a capriate lignee, e 2 cappelle laterali.

Si suppone che in origine l’entrata si trovasse nella parete di fondo, dove poi venne costruita la casa del parroco (oggi del custode).

Affascinanti risultano vari elementi architettonici e decorativi: la balaustra con colonnine in pietra che separa il presbiterio dalla navata, il Tabernacolo come un vero tempietto, l’Acquasantiera, una vasca in pietra sorretta da una sola colonna con quattro piedi di leone alla base, il Battistero, simile all’Acquasantiera, con un iscrizione che ricorda i poteri salvifici dell’acqua battesimale e nella sommità, aggiunta successivamente, una struttura in legno, con una statuina di San Giovanni Battista. Soprattutto è però l’ambone marmoreo a rappresentare il capolavoro della chiesetta: ammiriamolo!

Sul fronte, su due riquadri distinti, è scolpita l’Annunciazione: da un lato troviamo l’Arcangelo Gabriele inginocchiato verso la Vergine, con il giglio in mano, che osserviamo anche in un vaso, in una mensola dietro di lui, a simboleggiare la purezza di Maria; sopra, la figura d Dio, che invia lo Spirito Santo. Nell’altro riquadro appare la Vergine con un leggio e le Sacre Scritture, attenta e pronta ad obbedire al messaggio divino; di fronte a lei, la colomba dello Spirito Santo.

Un vero capolavoro rinascimentale, che ricorda senza alcun dubbio, la ben più famosa Annunciazione del Rivestimento Marmoreo di Loreto, del Sansovino!

Le sorprese non sono ancora finite: infatti la nostra chiesetta custodisce anche un affresco con la più antica immagine del territorio rappresentante San Floriano, patrono per secoli della “Repubblica Aesina” di cui Poggio Cupro e Cupramontana facevano parte.

Il santo, vestito con gli abiti del tempo e non da soldato come invece di solito veniva rappresentato, appare giovane, elegante e brioso.

In un’iscrizione sullo zoccolo, in parte indecifrabile, si legge “quest’opera fu fatta fare da Gioacchino Lazzari, nel 1460”.

Infine, in un’urna di vetro nella cappella di sinistra, vi è la statua del Cristo Morto, in legno scolpito e dipinto, risalente alla fine del ‘400.

La figura di Cristo, risulta molto toccante e commovente; alla processione del Venerdì Santo, quando viene portato per le vie del paese, c’è grande coinvolgimento e partecipazione dei cittadini.

Prima di lasciare il nostro Castello, godiamo dei panorami mozzafiato tipici delle colline marchigiane, facendo una passeggiata nella strada che corre tutt’intorno le mura, dove fino al ‘500, sorgeva il fossato per difesa della città.

Vi aspetto per scoprire insieme questo tesoro nascosto e tutte le altre bellezze del territorio marchigiano!

Ringrazio la Parrocchia di Cupramontana per avermi aperto la Chiesa di San Salvatore e permesso di fotografarla.


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CRISTINA FABBRETTI
Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra. 
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato! Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque. Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero. Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.

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