Brescia, leonessa d’Italia – La Chiesa di Santa Maria della neve a Pisogne

Questo storico edificio, costruito nel tardo Quattrocento lungo la via di transito “valeriana” che portava ai passi alpini e alle miniere della Valle Trompia, fu frequentato nel tempo anche come luogo di culto: la Chiesa venne pensata come un santuario dedicato alla Vergine. Negli anni 30 del Cinquecento venne restaurata e si aggiungono dei portici per il riparo e l’accoglienza dei pellegrini.

Verranno tamponati tre finestroni gotici per poter accogliere l’apparato decorativo, massima espressione della poetica di romanino. Pierpaolo Pasolini vide nell’artista, “un pittore internazionale fiorito sulle valli alpine” mentre Giovanni testori lo definì “il più grande, più torvo e triviale dei pittori in dialetto dell’arte in ogni regione e in ogni tempo”.

Girolamo Romanino nasce a Brescia 1485. Arriva in Valle Camonica reduce dei lavori nel magno palazzo di Trento. Venezia, consolidando il suo potere in terraferma, avvia una serie di politiche di sostegno per i singoli comuni: vi è perciò una ripresa delle commissioni artistiche.

Per quanto riguarda il romanino, le sue commissioni sono di carattere civico e comunitario. Testimoniano allo stesso tempo lo sforzo di un aggiornamento del già esistente apparato decorativo: l’abside della chiesa aveva infatti degli affreschi quattrocenteschi andati perduti e non attribuibili al pittore.

Nel 1534 romanino vanta un credito contratto con i rappresentanti della vicinia di Pisogne, un organismo laicale che si occupa della chiesa, proprietà civica. Questa data segna l’avvio del cantiere e dei dipinti dell’intero edificio.

Il ciclo di affreschi esprime una imponente teatralità che si incentra sul tema della passione, visibile sulla parete sinistra. La parete di destra è la risurrezione.

Il suo è uno stile anticlassico antiaulico: la quotidianità dei gesti, espressioni e costumi nei soggetti affrescati con tratti rapidi e immediati sono espressione di una spiritualità diretta che emoziona e coinvolge il popolo. I volti, i corpi spesso grotteschi sono ispirati alla gente del posto. Ma come eseguiva romanino i suoi affreschi? La base di partenza sono elementi sostanzialmente poveri: calce, sabbia, polvere di marmo, acqua e colori di origine vegetale.

Sul muro grezzo si stende un primo strato di sabbia e calce che viene lisciato in modo veloce. Si procede poi con un disegno preparatorio, la sinopia. Si stenderà quindi il “tonachino“, ossia l’ultimo strato di intonaco.

Si può aggiungere uno strato di polvere di marmo: darà al dipinto la lucentezza. L’abilità del pittore si vede in questo momento: perché’ i colori vanno stesi prima che “la base “si asciughi: penetrando nello strato di calce, i pigmenti andranno a uniformarsi.

La scena che voglio “regalare” con questo articolo, si concentra sulla crocifissione.

La crocifissione viene rappresentata da Girolamo romanino in una scena molto concitata, con cavalli scalpitanti, da turpe, losca gentaglia, che si avvolge attorno alla grande croce con il cristo crocifisso.
Narra la “leggenda aurea” che fu dall’albero di Adamo che venne ricavato il legno della croce. Senza di essa e senza il cristo, non può esserci redenzione. Meritano attenzione i corpi goffi, sgraziati dei due ladroni crocifissi ai lati della croce.

A me piace tantissimo la figura di Longino, sul suo cavallo bianco, protetto dalla sua armatura argentea. Si mostra a noi con un volto allungato e scavato: è il volto di un uomo ormai maturo: lo si evince dallo sguardo, dalle rughe che gli segnano il viso. È un volto che forse si pone delle domande davanti al mistero della morte del cristo sulla croce. Il cane, spaventato tra le zampe posteriori del cavallo.

La madonna, in questo momento madre sofferente, la troviamo scostata, al margine di questa grande rappresentazione scenica. Mentre la maddalena, si trova ai piedi della croce.

I soldati, si giocano a dadi la tunica di Cristo, tunica indivisibile che richiama a una chiesa che deve restare unita. Nella pittura di romanino emerge il messaggio contenuto nei temi religiosi che lui con abilità avvicina al sentire della gente comune e umile che è però protagonista delle raffigurazioni stesse.

Sul lungo lago di Pisogne, una scultura semicircolare con dieci pilastrini, riporta la frase di Renato Guttuso dedicata a romanino: “romanino ci serva, ci inviti a guardare la realtà e ad avere il coraggio di andarci dentro anche se essa è grande e “terribile”: la trovo semplicemente fantastica e molto contemporanea.
Molto altro c’è da raccontare sugli affreschi e sulla storia di questa chiesa civica.

Come sempre, vi aspetto per scoprire insieme il territorio bresciano!


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Sono Vanessa Marcolla, guida turistica abilitata per la lingua tedesca, iscritta con l’Associazione Arnaldo da Brescia, fondata nel 1986, la più attiva e conosciuta in città e provincia. Il mio ambito di lavoro è la città di Brescia, la sua provincia con i laghi (Iseo e Garda), la Franciacorta – rinomata terra di vini e patria indiscussa del Bollicine Franciacorta – e la Valle Camonica.
E’ in questa valle che risiedo da più di 20 anni: ho imparato ad amarla e apprezzarla, per la sua storia, legata soprattutto alle incisioni rupestri (Patrimonio UNESCO dal 1979), i suoi borghi, i suoi paesaggi montani.
Brescia, “La leonessa d’Italia” è la città che amo, ricca di storia, colpisce il visitatore per il bianco latteo del suo marmo di Botticino. Esso caratterizza chiese e palazzi. Al visitatore attento non sfugge il vicoletto nascosto, un particolare portale, un affresco che il tempo ancora non si è portato via.
Vi farò conoscere arte e storia, il buon cibo e il “saper bere bene”. Vi aspetto!