“Thousands have lived without love, not one without water”
W.H. AUDEN
In questo nuovo articolo di Posti e Pasti vorrei accompagnarvi alla scoperta dei Laghi del Gorzente, un’area peculiare del territorio genovese.
L’acqua è l’elemento vitale per eccellenza, onnipresente nell’esistenza del nostro pianeta e dell’uomo, tanto da essere intrinsecamente connaturato al nostro immaginario, alla nostra storia, al nostro sviluppo, alla nostra identità e simbologia, in definitiva alla nostra stessa cultura.
In effetti, nessun altro elemento naturale dimostra la stessa potenza nell’evocare l’appartenenza di una comunità alla sua terra. Questo è senz’altro vero per gli abitanti della Liguria, il cui fragile paesaggio, pur affacciandosi sul mare, è piuttosto l’espressione, nel bene e nel male, dell’intima relazione intessuta con l’acqua dei sui torrenti. Un rapporto decisamente schizofrenico: i torrenti liguri, con aste molto brevi e ripide, risultano generalmente avari di acqua, ma possono trasformarsi improvvisamente in minaccia e provocare gravi danni dopo piogge torrenziali. Nella popolazione ligure convivono da sempre gli opposti della paura di rimanere senz’acqua e del timore che ne arrivi troppa.
Il rapporto delle comunità con l’acqua è pertanto un continuo oscillare tra utilità e problemi da risolvere. Sviluppare un’ottimale capacità di raccolta e garantire un uso sostenibile della risorsa idrica sono fattori indispensabili per una sana politica di gestione del territorio.

Storia dei Laghi del Gorzente
I primi sistemi liguri di raccolta erano già piuttosto articolati e consistevano in cisterne cilindriche posizionate in alto sui pendii tra i terrazzamenti e, nei casi più sofisticati, affiancate dall’opera di canalette, scavate alla base dei muri di fascia, dove confluiva quella filtrata tra i sassi convogliandola in ulteriori cisterne che raccoglievano l’acqua dei tetti.
A partire dalla metà dell’Ottocento, il fabbisogno idrico di Genova crebbe a tal punto da rendere insufficienti tali piccoli sistemi; nemmeno le acque incanalate dall’acquedotto civico della Val Bisagno risultavano ormai capaci di soddisfare una città sempre più idrovora.
Per tentare di porre rimedio, nel 1853 una convenzione siglata da Cavour concesse a P.A. Nicolay il diritto di captare le acque del Torrente Scrivia. Il progetto vide la luce già nell’anno successivo, nonostante le forti proteste degli agricoltori tortonesi, alquanto restii a condividere le proprie acque con i genovesi. Tuttavia, neppure questo nuovo approvvigionamento riuscì a placare la sete della città e delle sue fiorenti industrie.
Nacque pertanto l’idea degli ingegneri Niccolò e Salvatore Bruno, in collaborazione con Stefano Grillo, di realizzare un grande invaso artificiale nell’Alta Val Gorzente. La scelta della località fu tutt’altro che casuale: l’impermeabilità del substrato roccioso, l’elevata piovosità e la contiguità con la sempre più popolosa Val Polcévera disegnavano un quadro geografico e geomorfologico ideale entro cui realizzare la nuova opera.
Il progetto iniziò subito a correre lungo un binario privilegiato e nel 1873 i fratelli Bruno ottennero la concessione per l’inizio dei lavori. Ma italiani e grandi opere hanno spesso dato vita a incontri turbolenti e l’invaso dei fratelli Bruno non rappresentò certo un’eccezione. Infatti, con il rilascio della concessione si scatenarono anche le ire dei contadini che vivevano nelle vallate sottostanti, in provincia di Alessandria. L’opposizione locale fu superata assumendosi l’impegno e l’onere di costruire più a valle un serbatoio di “compensazione”, effettivamente realizzato negli anni successivi e oggi noto a tutti come il “Lago della Lavagnina”.
Ritornando al Gorzente, nel 1880 fu costituita a Genova la “Società Anonima Acquedotto De Ferrari Galliera”, che ereditò la concessione dei fratelli Bruno e, nel 1883, pose la prima pietra dei nuovi impianti. Il progetto originale prevedeva il solo lago artificiale di Lavezze, successivamente ribattezzato Lago Bruno in onore dei suoi ideatori, ma fu ampliato in più occasioni: prima mediante la costruzione della diga del Lago Lungo (o Bigio) e qualche anno più tardi, precisamente nel 1906, con la creazione del bacino del Lago Badana, noto anche con la denominazione dialettale di Lago de Föggiariônda, che portò il complesso dei tre invasi a sottendere un bacino imbrifero di ben 24 chilometri quadrati e a raggiungere una capacità complessiva di oltre 12 milioni di metri cubi.
Opportuno sottolineare come alla coerenza idrografica si contrapponga la frammentarietà amministrativa: mentre le superfici del Lago Bruno e del Lago Lungo si aprono lungo il confine regionale ligure-piemontese e chiamano in causa i due comuni genovesi di Campomorone e Ceranesi, il Lago Badana ricade interamente nel territorio del comune di Bosio, nella provincia piemontese di Alessandria. Sotto il profilo conservazionistico, la porzione piemontese del complesso dei Laghi del Gorzente rientra nei confini del Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo.

Il Lago Lungo è alimentato dal rio Lischeo, le cui acque discendono dai vicini Monte Poggio (1081 m) e Monte Orditano (950 m). Lo stesso Lago Badana è alimentato dai rivi che discendono dal Monte Poggio, mentre il Lago Bruno, oltre alle acque provenienti dai due invasi a monte, è alimentato dai corsi d’acqua del Monte delle Figne (1172 m) e del Monte Taccone (1113 m). Nel 2005 il Lago Badana è stato svuotato per lavori di manutenzione che dovrebbero concludersi salvo imprevisti entro il 2026.
Dai tre Laghi del Gorzente, l’acqua attraversa l’Appennino tramite una galleria lunga ben 2300 metri, per poi precipitare in una condotta forzata che va ad alimentare la centrale idroelettrica di Isoverde. Un ultimo tratto convoglia la risorsa a Gallaneto, in Alta Val Polcévera, dove si trovano gli impianti di filtraggio e potabilizzazione che consentono l’immissione delle acque nella rete idrica cittadina. Ogni anno vengono erogati dai laghi del Gorzente circa 25 milioni di metri cubi di acqua.
L’intero impianto appartiene oggi alla “Mediterranea delle Acque” (Gruppo Iren), in cui è confluita sia la società “Acquedotto De Ferrari Galliera” sia gli altri due storici gestori del servizio idrico genovese: “Genova Acque” e “Acquedotto Nicolay”.
Il Sentiero Naturalistico dei Laghi del Gorzente

Nei decenni seguenti la costruzione degli invasi, sui rilievi che circondano i tre laghi artificiali furono effettuati vasti rimboschimenti, soprattutto di pini, con lo scopo di consolidare i pendii contrastando i fenomeni di dissesto idrogeologico e contenendo il processo di interramento dei bacini.
Bisogna onestamente riconoscere che nel caso dei Laghi del Gorzente, l’opera dell’uomo non ha fatto troppi danni al paesaggio, ma anzi, sotto certi aspetti lo ha addirittura migliorato, in virtù di un sensibile aumento dell’eterogeneità ambientale. Il dolce insinuarsi dei laghi in vallette profonde ha creato suggestivi fiordi dai caldi toni mediterranei, armonicamente abbracciati da un singolare mosaico di pinete, praterie umide e altipiani nudi e rocciosi.
Nonostante il mare disti solo una dozzina di chilometri in linea d’aria, il clima permane tipicamente continentale e durante la stagione invernale possono anche registrarsi temperature così rigide da ghiacciare completamente la superficie degli invasi, regalando un paesaggio ancora più suggestivo e affascinante.
Tali peculiari condizioni si riflettono in una spiccata biodiversità vegetale. Particolarmente interessante è la presenza, nella zona umida, di piante insettivore dei generi drosera e pinguicola. Alle già citate pinete, in particolare di pino nero, specie non autoctona ma utilizzata in passato nei rimboschimenti, si alternano boschi misti di latifoglie (nocciolo, rovere, sorbo montano, ontano, castagno…). Infine, si possono ammirare numerosi fiori spontanei, alcuni anche endemici, soprattutto in tarda primavera/inizio estate: mughetto, scilla, dafne, tulipano di monte, asfodelo e molti altri.

Il buono stato di salute dell’ecosistema è ulteriormente confermato dalla presenza di una fauna ittica piuttosto ricca, mantenuta tale anche mediante immissioni regolari di trote fario e trote iridee a fini alieutici. Oltre alle trote è possibile osservare anche carpe, tinche, lucci, persici e cavedani. L’esercizio della pesca è chiaramente consentito solo in alcuni periodi dell’anno, previo ottenimento della necessaria licenza, e il prelievo delle varie specie è strettamente soggetto alla regolamentazione regionale.
L’insieme dei caratteri menzionati delinea un quadro naturalistico e paesaggistico di assoluto interesse, valorizzato dalla creazione del “Sentiero Naturalistico dei Laghi del Gorzente” ad opera dei volontari della Sezione del Club Alpino Italiano di Bolzaneto. Dall’ottobre del 2019 il sentiero è intitolato a Vittorio Cian, uno dei suoi primi ideatori, a indelebile ricordo del suo prezioso contributo per la tutela e promozione del territorio dell’Alta Val Gorzente.
Descrizione dell’itinerario
Difficoltà: E (Escursionisti)
Sviluppo: 13.5 km
Dislivello in salita: 500 m circa
Tempo di percorrenza: 4.30 – 5.30 ore
Percorso ad anello paesaggisticamente molto vario e percorribile in sicurezza grazie alla frequente segnaletica orizzontale e verticale bianco-rossa riportante la scritta “SN”. Lungo il sentiero sono distribuite numerose targhe a descrizione delle specie arboree incontrate e dei principali punti di interesse.
Nonostante il dislivello complessivo non sia eccessivo, lo sviluppo contorto e il continuo saliscendi rendono l’itinerario abbastanza faticoso, esigendo pertanto un buona preparazione fisica.
Il tracciato ha inizio nella località di Prou Renè (824 m), sulla strada Provinciale dei Piani di Praglia, dove s’imbocca una stradina asfaltata in leggera discesa che presto si abbandona per volgere a destra su un sentiero che affianca una cascina immersa tra faggi secolari. Superata una conca prativa, detta localmente Prou Brenassu, si costeggia brevemente il Rian Valle Calda per poi guadarlo e attraversare alcune prime zone umide che presto lasciano spazio ad antichi lembi di castagneto e tracce di vecchi terrazzamenti. Si giunge così ad una prima biforcazione, dove si tralascia a destra un ramo dell’Anello delle Sette Neviere, anche se una breve quanto consigliata digressione consente di raggiungere la neviera N°5.

Le neviere, realizzate a partire dal 1600 e rimaste in uso fino al 1870 circa, erano grandi buche tronco-coniche con muri perimetrali in pietre a secco, aventi circa 10 metri di diametro e 5 o 6 di profondità. Durante l’inverno venivano riempite di neve e poi ricoperte da uno spesso strato di fogliame e una tettoia in paglia; la neve, una volta solidificata, era tagliata in blocchi che venivano trasportati a Genova a dorso di mulo in apposite sacche di tela, dove veniva utilizzata per refrigerare cibi e bevande.
Ripreso il Sentiero Naturalistico, compare dinnanzi l’enorme Pietra del Grano (746 m). Si tratta di un enorme masso di metagabbro, situato lungo un’antica via di comunicazione tra la Val Polcévera e l’Alessandrino, nota come “via delle Capanne”. In corrispondenza del masso, che fungeva probabilmente da punto di riferimento ben riconoscibile, si svolgevano gli scambi di merci: i prodotti provenienti dal versante padano, come grano e vino, venivano scambiati con sale e olio in arrivo dalla costa.
Oltre la Pietra del Grano, una larga mulattiera in leggera discesa consente di lasciare il Fosso di Valle Calda, superando un piccolo contrafforte roccioso per entrare nel Vallone del Rio Lischeo: sullo sfondo l’imponente mole del Monte delle Figne, più in basso in lontananza i primi riflessi bluastri del Lago Lungo. Tralasciato un sentiero che si stacca a sinistra in direzione dei Piani di Praglia, il percorso del Sentiero Naturalistico continua a perdere quota fino a tuffarsi nel Rio Lischeo, che si attraversa sfruttando i massi affioranti.
Una traccia piuttosto malmessa corre a lato del torrente fino a raggiungere una briglia in cemento (686 m), superata la quale le acque del Rio Lischeo si immettono nel Lago Lungo, il più ampio dei tre Laghi del Gorzente (280000 mq), creato anche con la funzione di proteggere la diga del Lago Bruno da pericolose piene.
Tornato a essere più ampio e agevole, il sentiero abbandona la diga e sale a sinistra nel folto di un castagneto, tra spiazzi un tempo usati per le carbonaie e vecchie fonti sempre più spesso in secca. Un breve tratto piuttosto erto lungo la sponda del Rio Badessa porta ad un costone (750 m circa), dal quale si gode di begli scorci sui laghi Lungo e Bruno. Inizia quindi una precipite discesa tra i pini, superando anche un gradino roccioso attrezzato con un cavo d’acciaio da usare come corrimano. Effettuate alcune svolte, si confluisce nella stradina sterrata che collega il Lago Bruno al Lago Badana, da seguire verso destra per raggiungere la sponda sud-ovest del Lago Bruno (646 m).
Oltre ad essere il più antico dei tre Laghi del Gorzente, risulta anche quello posto alla quota più bassa. Si estende per 200000 mq ed è sbarrato a valle da due dighe, di cui la principale è alta 38 metri. Suggestiva l’emersione di una piccola isoletta al centro del bacino artificiale.

Si attraversa il ramo meridionale del lago su un ponte in cemento, sovrastato dalla grande diga del Lago Lungo, poi si sale sull’altra sponda e si arriva ad un bivio, dove occorre prendere la diramazione di destra, sempre dal fondo in cemento, che s’innalza ripida nel bosco. In breve si guadagna la Cappella della Madonna del Buon Consiglio e l’adiacente casa dei guardiani della diga del Lago Lungo.
Superata la casa, si continua a salire compiendo un paio di svolte, fino a entrare nel Vallone del Rio di Passo Mezzano. Alcuni saliscendi a mezzacosta e il sentiero riprende a salire fra radi pini, giungendo infine all’ennesimo bivio: si piega e destra e, con alcuni gradini, si arriva al Sacrario dei Martiri di Passo Mezzano (800 m circa).

La zona dei Laghi del Gorzente, durante la Resistenza, fu teatro di aspri scontri tra partigiani e truppe tedesche, particolarmente sanguinosi nei giorni intorno alla Pasqua del 1944, quando i nazifascisti operarono una vasta azione di rastrellamento, in cui caddero decine di partigiani. Il Sacrario è stato eretto a particolare ricordo dei 14 valorosi partigiani che, sfuggiti all’eccidio della Benedicta, furono raggiunti e trucidati dai nazifascisti proprio in quel luogo, il 18 aprile 1944.
Lasciatosi alla spalle il sacrario, il sentiero s’inerpica lungo la massima pendenza del versante tra scomode rocce affioranti e radi pini fino a conquistare la cima del Bric Nasciu (sulla Carta d’Italia dell’IGM è però chiamato “Bric Lago Lungo”; 923 m). Dalla vetta si gode di uno splendido panorama sui laghi Lungo e Bruno e sulle montagne che gli fanno da cornice. Sul culmine dell’asperità sono collocati due cippi metallici con incise le lettere “ADFG”, indicanti il confine dei terreni di proprietà della vecchia Società anonima Acquedotto De Ferrari Galliera.

Smaltita le fatica della salita, si riprende il cammino scendendo il crinale est per raggiungere molto velocemente la sella erbosa del Piano della Benna (882 m). A questo punto il Sentiero Naturalistico taglia a mezzacosta l’arido versante nord-ovest del Bric di Guana (963 m), per poi confluire nell’Alta Via dei Monti Liguri, centro di gravità della rete escursionistica ligure. Procedendo verso destra si guadagna in breve lo spartiacque appenninico tra Gorzente e Polcévera.
Attraversata una recinzione in legno si incontra un bivio, presso il quale le strade dell’AVML, a sinistra, e del Sentiero dei Laghi si dividono momentaneamente. Si passa prima accanto ad un traliccio e due carrelli, antiche vestigia a ricordo della teleferica che un tempo collegava Gallaneto con i Laghi del Gorzente, quindi si arriva di fronte all’Osservatorio Naturalistico del CAI (905 m).

La piccola struttura è stata eretta tra la fine degli anni 80’ e l’inizio dei 90’, riattando una vecchia costruzione dell’Acquedotto De Ferrari Galliera. Conclusi i lavori, la struttura è stata dedicata all’alpinista genovese Damiano Barabino, scomparso nel novembre 2012 sul Dôme de Neige des Écrins.
L’osservatorio, in privilegiata posizione panoramica, conta due locali adiacenti che contengono una mostra permanente sugli aspetti naturalistici dell’area dei Laghi del Gorzente, pertanto rappresenta un punto di sosta ideale durante le visite guidate sul Sentiero Naturalistico. Inoltre, sul retro si trova un terzo piccolo vano sempre aperto adibito a riparo di emergenza, una meridiana e una tavola di orientamento con riportati i nomi delle principali cime visibili, tra le quali spicca per importanza il Monte Figogna, dove sorge l’amato Santuario della Guardia.
Appena prima dell’osservatorio il sentiero volge a sinistra e chiude la breve deviazione rigettandosi tra le braccia dell’AVML. Continuando la discesa, si effettuano due tornanti e s’incontra la Fontana dei Segaggin, così chiamata perché in passato utilizzata dai falciatori (segaggin) che salivano su quei prati a tagliare l’erba. Necessario sottolineare come durante l’estate la fonte siano quasi sempre in secca, sicché non conviene fare affidamento sulla stessa per eventuali rifornimenti.
La discesa si fa ancor più dolce e termina al Passo di Prato Leone (779 m), ennesimo valico che si apre sullo spartiacque principale dell’Appennino. Abbandonata nuovamente l’Alta Via dei Monti Liguri, si sale verso sud oltrepassando una recinzione e tenendo la destra alla successiva biforcazione. Un taglio in diagonale consente di attraversare in leggera salita il versante est del Bric Roncasci, per poi ritornare a scendere e superare una seconda recinzione, oltre la quale si ritrova la traccia dell’AVML.
Sempre mantenendosi sull’Alta Via, si toccano in successione il Giogo di Paravanico (781 m) e un tratto dell’Anello delle Sette Neviere, da trascurare proseguendo dritti in salita. Più in alto, il Sentiero Naturalistico compie l’ennesima digressione e si stacca a destra puntando il culmine della Quota 838, dove sorge un cippo di confine, costituito da una pietra fitta in metagabbro.

Il cippo è uno dei termini di confine citati nella celebre Tavola di Polcévera, una lamina bronzea risalente al 117 a.C. che riporta incisa una sentenza emessa dal Senato romano a seguito dell’arbitrato dei magistrati Quinto e Marco Minucio Rufo su di una disputa tra le tribù liguri dei Genuati e dei Viturii. Il cippo a Quota 838, citata sulla tavola come “Mons Lemurinus Summus”, è l’unico sopravvissuto tra i numerosi termini che segnavano il confine tra i territori delle due tribù. La Tavola di Polcévera, rinvenuta nel 1506 in un campo nei pressi di Pedemonte, è oggi conservata nel Museo di Archeologia Ligure di Genova Pegli.
Ricongiunti per l’ennesima volta all’AVML non la si abbandona più, compiendo alcuni saliscendi fino al valico nei pressi del Prato del Gatto e infine immettendosi su una strada sterrata che scende dolcemente tra due recinzioni, passa accanto alla caratteristica Casa Prato Renile e riporta al valico di Prou René, dove si chiude l’anello del Sentiero Naturalistico dei Laghi del Gorzente.
Per la pianificazione delle visita si invita alla consultazione della “Guida del Sentiero Naturalistico Laghi del Gorzente”, pubblicata per la prima volta nel 1997 a cura del Comune di Campomorone e riedita nel 2016 con il contributo della Sezione CAI di Bolzaneto, in una versione aggiornata con tutte le nuove strutture, le piccole modifiche al percorso e una veste tipografica completamente rinnovata.
Alla flora del Sentiero Naturalistico il CAI Bolzaneto ha inoltre dedicato una esaustiva pubblicazione corredata di foto utilissime per l’identificazione delle piante presenti.
Il giro dei Laghi del Gorzente è davvero un bel viaggio nel cuore più profondo dell’entroterra ligure, da percorrere principalmente nei mesi primaverili e autunnali, quando le temperature sono piacevolmente miti e i colori delle fioriture o il fenomeno del foliage rendono l’itinerario ancora più affascinante.
A questo punto non vi resta che prendere il calendario in mano e programmare la vostra escursione. Vi aspetto!
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LUCA CAVIGLIA
Sono Luca Caviglia, Accompagnatore di Media Montagna iscritto al Collegio delle Guide Alpine della Liguria e membro del gruppo di Accompagnatori e Guide Alpine “Hike&Climb Liguria”.
Nato a Genova nel 1991, mi sono prima laureato in “Scienze Naturali” presso l’Università degli Studi di Genova e successivamente ho conseguito il titolo Magistrale in “Evoluzione del comportamento animale e dell’uomo” presso l’Università degli Studi di Torino, con specializzazione in ricerca e gestione di carnivori e ungulati. In seguito a concorso pubblico, dal gennaio 2023 sono anche Guardiaparco dell’Ente Aree Protette Alpi Marittime in Piemonte. Amo la montagna in tutti i suoi molteplici aspetti e ogni mia escursione vuole essere una tavolozza piena di colori, con cui dipingere insieme ai partecipanti le meraviglie del nostro territorio.