Trekking ed scursioni tra Noli e l’Altopiano delle Manie (SV)

Un’antica storia repubblicana tra grotte e rocce

Pochi metri a monte degli stabilimenti balneari c’è un’Italia sorprendente. Questo accade di frequente in Liguria ma in pochi luoghi della regione (e forse del Paese) storia, natura, cultura sono così ravvicinate ed intrecciate. Fuse in un tutt’uno caleidoscopico ma comunque dove ogni elemento d’interesse appare nella sua evidenza e da solo varrebbe una visita ed una sosta.

 La stratificazione delle vicende storiche ha qui lasciato segni importanti che vanno dalla preistoria alle Repubbliche Marinare fino a Napoleone e la modernizzazione (forzata) di parte della Liguria che però ha accelerato la via verso l’Unità d’Italia.

 Una Guida non può non osservare e raccontare questi fatti perché il cosiddetto outdoor non dev’essere un’altra forma di predazione del territorio ma divenire il modo migliore per conoscere la storia e la vita dei luoghi ed assorbirne la vita ed il carattere. Nel Finalese i pericoli di imbarbarimento ci sono tutti e preoccupano ma suggeriscono un approccio rispettoso e responsabile, anche quando riteniamo di essere dalla parte giusta  perché camminiamo, scaliamo o pedaliamo.

La Repubblica di Noli

I coniugi inglesi Berry, tra i tanti studiosi e viaggiatori che scelsero di visitare ed abitare in Liguria nel XIX secolo pubblicano nel 1891 il libro “Alla porta occidentale d’Italia” dove trattano ampiamente di Noli e del suo particolare passato repubblicano. Un passato che resiste oltre 600 anni con un sistema di governo molto particolare ed efficiente definita dallo scrittore Giuseppe Baretti, intorno al 1770, una “meraviglia politica”.

La tradizione didattica italiana colloca decisamente in ombra la Repubblica Marinara di Noli ed in effetti essa è stata alleata dal 1202 con la Repubblica di Genova per tutelarsi dalle aggressive pressioni di Savona e Finale.  Forse per questa regione il suo passato repubblicano è sottaciuto anche se gli storici sono concordi nel ritenere che il rapporto con Genova fosse di cooperazione paritaria senza sottomissione.

Con la Superba Noli partecipò alle campagne del Tirreno contro Pisa e d’Oriente contro Venezia e – nonostante le dimensioni lillipuziane di pochi chilometri quadrati (6! ma con temporanee estensioni verso le Bormide, Orco e la Valle di Segno) diventò anche un’importante sede vescovile solo molto tardivamente annessa alla Diocesi di Savona.  L’economia di Noli, date le piccole dimensioni ed il territorio continuamente minacciato da Finalesi, Sabaudi, Savonesi e Spagnoli era assai poco autarchica e strettamente legata a Genova di cui assunse anche le monete e parte della struttura giuridica pur nell’autonomia degli statuti e della forma di governo. Nel 1500 inizia il declino dell’autonomia repubblicana che cessa con il 1797 e la presenza francese.

La contemporanea cessazione della Repubblica di Genova porta alla nascita della Repubblica Ligure, giacobina, confluita nell’Impero Francese e successivamente nel Regno di Sardegna. Del passato glorioso di Noli resta un notevole centro storico ma solo pochi  reperti delle architetture turrite da cui era caratterizzata. Parte delle mura, la sede vescovile ed alcune torri sono ancora ben leggibili ma come accaduto in molti aree costiere la selvaggia edificazione del XX secolo ha snaturato non poco i caratteri del borgo storico che tuttavia all’interno è ancora integro nella sua struttura originaria.

Lungomare di Noli
Il lungomare di Noli alla fine del XIX secolo (Fondazione Culturale Noli)

Sicuramente da visitare sono il Castello di Monte Ursino (XII-XIV sec.): costruito dai marchesi Del Carretto, insieme alle mura del borgo; la Torre Comunale: alta 33 metri, merlata ed in pregevole pietra verde; la Chiesa di San Paragorio: prima cattedrale (1239-1572) prima che la sicurezza dagli attacchi dal mare non fece prevalere la più interna Chiesa di San Pietro del 1572. Nel Borgo sono presenti diverse porte-torre e case-torre con logge, bifore ed elementi merlati. Dal centro storico all’inizio dei sentieri che salgono verso il monte di Capo Noli si impiegano dieci minuti e quindi è facilmente visitabile anche con il più impegnativo programma escursionistico.

Il Sentiero del Pellegrino

La prima parte del Sentiero del Pellegrino (da Noli alla torre delle Streghe) è sicuramente uno dei più interessanti itinerari costieri italiani e è parte del sistema del Sentiero Verde Azzurro e Sentiero Liguria.

Permette di traversare verso Varigotti ma è il percorso di elezione per addentrarsi nell’altopiano delle Manie dopo aver toccato la pre-medioevale Chiesa di Santa Margherita, la gigantesca Grotta dei Falsari (che insiste sulla sottostante SS Aurelia), la Torre delle Streghe.

Nonostante l’elevata frequentazione e la meritata fama questo tracciato non è semplicissimo ed alcuni tratti esposti (soprattutto la deviazione verso la Grotta dei Falsari) devono essere affrontati con prudenza ed attrezzatura adeguata da escursionismo in particolare in caso di pioggia o venti umidi provenienti dal mare che possono rendere assai scivolosi molti tratti. Il dislivello complessivo in salita non supera i 350 m + a cui aggiungere diversi saliscendi se si devia verso l’altopiano delle Manie.

E’ un itinerario magnifico per le mezze stagioni mentre l’estate può essere decisamente calda anche se vi sono lunghi tratti all’ombra della macchia mediterranea. Il nome venne dato diverse decine di anni addietro a giustificazione della presenza dei ruderi di edifici religiosi e della presenza benedettina di Finale Ligure legata in qualche modo all’autorità della sede vescovile di Noli. Sicuramente è un itinerario ben noto anche in epoca per Napoleonica e rilevabile anche nelle carte di Matteo Vinzoni del 1757:

Antica Noli

Da Noli si imbocca una salita scalinata appena superato il torrente nella parte occidentale del paese con un certo affollamento di segnavia ed indicazioni  (vicinanze chiesa San Paragorio). Tutte le mappe escursionistiche (cartacee ed in app) riportano questo tracciato ma i diversi collegamenti con i sentieri diretti verso la collina o verso le Manie non sono sempre correttamente riportati quindi è consigliabile un minimo di studio preliminare del tracciato.

Il tratto da Noli fino alla Torre delle Streghe impegna circa 1,45 ore  e da li raggiungere le Manie impegna per un’ulteriore ora. La valle dei Ponti Romani si raggiunge in complessive 3,30\4 ore a seconda delle condizioni. Una volta giunti sull’altopiano delle Manie si possono in realtà effettuare anelli di diversa lunghezza ed impegno ed anche raggiungere le altre aree delle falesie del finalese. Nonostante i dislivelli contenuti la complessità dell’ambiente degli altopiani e la difficoltà di orientamento richiedono attenzione alla gestione dei percorsi ma, nonostante l’iperfrequentazione dell’area, si riesce ancora a trovare un po’ di avventura tra antiche mura, canyon incisi dall’acqua ed alte falesie.

Sentiero del Pellegrino Noli
L’ingresso della Grotta dei Falsari lungo il Sentiero del Pellegrino

L’altopiano delle Manie: grotte ed agricoltura

Dalla stazione telegrafica al Monte di Capo Noli ci si porta all’interno dei rilievi che gradualmente portano verso Varigotti e la Baia dei Saraceni. Una densa macchia mediterranea gradualmente lascia il posto al bosco mediterraneo e quasi impercettibilmente ci conduce al margine dell’Altopiano delle Manie. Improvvisamente il mare sembra lontano, si percepisce il crinale montano principale ed ampi boschi di quercia si alternano a praterie e tratti coltivati.

Dalla Torre delle Streghe la vista si apre verso la Baia dei Saraceni

Questo cambio di paesaggio e prospettive è affascinante e rappresentativo della straordinarietà del Finalese: queste sono montagne che appartengono alla catena alpina, sono Alpi Liguri e precipitano direttamente in mare dopo aver permesso al visitatore di trovare un repertorio completo di ambienti mediterranei. Costa a falesia, costa sabbiosa, rupi calcaree, macchia termofila, querceti, boschi di castagno, cavità carsiche. Il tutto strettamente cucito e compattato in pochi km quadrati. Le Manie rappresentano una delle aree di più antico insediamento umano in Liguria ed ancora adesso la persistenza di attività agricole di qualità mantiene una tradizione plurisecolare che emerge, all’occhio attento, lungo i sentieri che gradualmente scendono verso le valli che incidono gli altopiani finalesi. Ovunque lunghi sistemi di muri a secco, caselle, nicchie e piccoli edifici rurali che raccontano una presenza umana straordinariamente ricca ed attiva. Dalle Manie (ove è possibile trovare accoglienza in trattorie, agriturismi ed un campeggio) in breve ci si dirige verso l’incisione della Valle Ponci dove vi sono le tracce più importanti della presenza dei Romani: il sistema dei Ponti, in buona parte ben conservati; individua un collegamento storico forte dalla costa all’altopiano e – soprattutto- l’importanza del prelievo di materiale da costruzione (Pietra del Finale) nelle quattro Cave Romane ancora perfettamente leggibili dopo due millenni.

Alle spalle delle falesie che sovrastano la Baia dei Saraceni si apre l’altopiano delle Manie

Questa è una delle zone più frequentate del sistema Noli-Finalese solo che oggi i bikers e gli escursionisti hanno sostituito l’intenso traffico di persone ed animali che probabilmente era attivo fino al secondo dopoguerra. Questa sostituzione porta con se una pressione sul delicato sistema ambientale degli altopiani e la fragile rete sentieristica non sempre facilmente gestibile considerata la rilevanza economica del turismo sportivo che in qualche caso porta a conflitti tra utilizzatori di questo territorio così particolare. 

Nel 1977 tutta l’area era stata inclusa nel nascente sistema dei Parchi Regionali della Liguria ma dopo una serie di false partenze non si è mai concretizzato un progetto di area protetta. Con il consolidamento della rete europea Natura 2000 tutta l’area è stata inclusa in un SIC\ZSC (Finalese – Capo Noli IT 1323201).

Gli habitat mediterranei con vegetazione rupestre, macchia, boschi di leccio e caducifoglie caratterizzano il sito. Non mancano i prati aridi con ricchi popolamenti di orchidee. Tra le specie di maggiore interesse si segnalano endemismi di elevato valore scientifico e naturalistico: la campanula di Savona (Campanula sabatia), di interesse prioritario, la campanula del Finalese (Campanula isophylla), esclusiva di quest’area, il convolvolo di Savona (Convolvulus sabatius), relitto paleomediterraneo gravemente minacciato di estinzione allo stato spontaneo. Numerose altre sono le specie di interesse fitogeografico: si citano l’afillante di Montpellier (Aphyllanthes monspeliensis), dai fiori violetti, la barba di Giove (Anthyllis barba-jovis), arbusto con fusto e foglie di colore argenteo, il fiordaliso ovoide (Leuzea conifera) dal grosso capolino a forma di pigna.

Anche nella fauna si manifesta un elevato livello di diversità determinata dalla varietà degli ambienti e dalla presenza di cavità. Tra i rettili e gli anfibi si annoverano specie rare di interesse zoogeografico: la lucertola ocellata (Timon lepidus) e il pelodite (Pelodytes punctatus), la luscengola striata (Chalcides striatus), il colubro lacertino (Malpolon monspessulanum), la raganella mediterranea (Hyla meridionalis). Oltre ai chirotteri di grande interesse ospitati nelle grotte, sono ancora da citare circa novanta specie di uccelli di interesse comunitario, sia stanziali sia migratori. Anche a livello di invertebrati sono numerose le specie endemiche, rare o di valore biogeografico.

Arma delle Manie e le altre grotte: un santuario carsico

Il Finalese ospita 104 cavità e grotte inserite nel catasto regionale, alcune soggette a vincolo archeologico ed altre di interesse speleologico e rappresentative dell’intenso carsismo. Il sistema delle cavità e delle “Arme” (grotte) hanno restituito reperti dell’uomo primitivo che hanno permesso una ricostruzione dettagliata degli insediamenti antropici fin dall’epoca preistorica e rappresentano oggi uno dei più interessanti aspetti paesaggistici data la frequenza con cui si aprono lungo gli itinerari escursionistici principali che ripercorrono per buona parte vie di comunicazione attraverso gli altopiani e di connessione tra il mare e l’entroterra.

 Diverse sono le grotte che hanno restituito materiali molto interessanti tra cui ricchi ritrovamenti di elementi fossili che si possono ancora oggi trovare anche lungo le falesie utilizzate per l’arrampicata oltre che nei depositi all’interno delle cavità.

L’Arma delle Manie è una delle più grandi grotte del territorio finalese. E’ una delle più rappresentative dell’altopiano a circa 250 m s.l.m., è stata adibita fino ai giorni nostri a deposito e stalla da parte degli agricoltori ed ancora oggi è visibile un frantoio storico. La parte superiore del deposito è stata da tempo asportata a scopi agricoli; la rimanente presenta una regolare stratificazione di livelli riferibili al Würm II, Inter Würm II – III e al Würm III, ed ha permesso la raccolta di importantissimi dati paleoclimatici e paleoambientali attraverso lo studio delle campionature sedimentologiche, palinologiche e archeozoologiche.

 Ad oggi gli scavi archeologici sono interrotti ma molti manufatti ritrovati sono ospitati nel Museo del Finale (con esposizioni dal Paleolitico al Medioevo) a Finalborgo, il cui centro storico, ristrutturato da pochi anni merita certamente una visita insieme a quello di Noli. Il Museo del Finale è relativamente piccolo ma è uno dei più importanti in Italia per la tipologia dei ritrovamenti.

L’antico frantoio ricavato a lato della Grotta delle Manie

La densità di grotte e cavità che continuamente si palesano all’escursionista ed all’arrampicatore è tra le maggiori in Europa. La Pietra del Finale è una roccia di antico utilizzo, molto pregiata, facilmente erodibile e raramente riscontrabile nel bacino del Mediterraneo. E’ formata da calcari bioclastici a coralli di colore bianco-rosato; che lasciano talvolta spazio alla Dolomia di S. Pietro dei Monti e le quarziti che sono tipiche dei fenomeni di orogenesi alpina. Piccoli fossili di gasteropodi, denti di megalodonte, tracce di ricci di mare ed alghe. Questi depositi sono datati tra 28 e 11 milioni di anni fa in una insenatura marina con bassi fondali e acque tendenzialmente calde. Il resto della morfologia che vediamo oggi, falesie e valli cieche profonde ed incise, doline; deriva dal lavoro dell’acqua nel contesto carsico. Le caratteristiche della pietra sono state apprezzate fin dall’antichità ed hanno portato ad una certa diffusione di cave che sono oggi testimonianza di differenti modalità di estrazione e destinazioni merceologiche. A differenza di altri settori del marcato del lapideo aspetti commerciali e crescenti problematiche ambientali legate anche alla struttura del turismo contemporanea hanno progressivamente portato alla chiusura della maggior parte dei siti. Essi però restano testimoni di  duemila anni di storia industriale e sono un importante elemento di cultura materiale che va al di là del monumento paleoindustriale delle Cave Romane.

La principale tra le Cave Romane del Rio Ponci
La principale tra le Cave Romane del Rio Ponci

La valle dei ponti e delle cave romane

Dalle Manie è possibile raggiungere il sentiero della valle del rio Ponci che sale da Verzi a Colla di Magnone (da cui si può rientrare a piedi a Noli in circa un’ora o scendere con i rari mezzi pubblici). Questo tracciato  segue in parte il tracciato dell’antica via romana Julia Augusta (13 a.C.); all’inizio del sentiero si trova una guglia rocciosa, il “menhir di Verzi”.

La prima parte dell’itinerario si svolge su una larga sterrata, panoramica sull’imponente Rocca di Corno, le cui pareti sono una delle mete più frequentate per l’arrampicata sportiva.  Il salto di quota tra fondovalle e Valle Ponci è una caratteristica tipica delle valli sospese; la val Ponci è inoltre una valle fossile, nella quale rimangono visibili le tracce dell’antico passaggio dell’acqua. 

In breve si arriva al ponte delle Fate, il più grande e meglio conservato dei cinque ponti romani della valle. Poco prima del ponte, seminascosto tra la vegetazione, si trova il bivio che conduce alla grotta delle Fate. Si prosegue costeggiando il torrente parzialmente invaso dai rovi e, oltrepassata una casa isolata circondata da alberi ornamentali, si giunge ad un bivio e la sterrata diventa un sentiero.  Prendendo a sinistra, si costeggiano dei vigneti, impiantati su un suolo rossiccio, la così detta “terra rossa mediterranea”. Da sinistra confluisce nella valle principale l’incisione della valle dei frassini, percorsa da un sentiero che porta al Ciappo del Sale, pavimento calcareo sul quale si trovano alcune incisioni rupestri. Se allo stesso bivio si va invece a destra, si cammina per un tratto lungo il greto del rio Ponci entro una fitta boscaglia. I due percorsi alternativi possono essere effettuati uno all’andata ed uno al ritorno. In ogni caso, si incontrano nuovamente a poca distanza presso il secondo ponte romano, detto “ponte sordo“, del quale rimane solo la rampa di accesso a monte.

Presso il ponte si possono osservare alcuni esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un albero che necessita la presenza di abbondante acqua e che testimonia la presenza di acqua sotto la superficie nonostante l’assenza di evidenti flussi. A poca distanza si incontra il terzo ponte (“ponte muto” o “ponte delle Voze”), che oltrepassa il rio delle Voze, presso un bivio: il percorso a destra sale verso l’altopiano delle Manie arrivando all’Arma delle Manie, mentre il sentiero natura prosegue a sinistra (qui è l’incontro con l’itinerario delle Manie e dunque il collegamento con la costa ed il Sentiero del Pellegrino. Per un buon tratto il sentiero, che conserva in parte il fondo a grossi ciottoli accostati, attraversa un ambiente di bosco misto, tipicamente dominato da leccio, orniello, carpino nero e roverella.  Sempre nel bosco, si arriva ad un punto in cui il fondo del sentiero è visibilmente scavato dall’acqua. Al termine di questo breve tratto si trova un bivio sulla destra che permette, con una breve deviazione, di visitare le Cave Romane di Pietra di Finale. Ancora un breve tratto all’interno del bosco e poi la visuale si apre: in prossimità del quarto ponte romano (“ponte dell’acqua”) si estendono infatti vasti prati.

La presenza di alberi da frutto e ruderi di vecchie case testimonia di un passato utilizzo antropico di questa porzione di valle, motivato anche dalla presenza di una sorgente: è visibile l’opera di captazione realizzata alla base della casa in cemento (detta “Ca’ du Puncin”). Questi ambienti prativi, costellati da pochi alberi ed arbusti sui quali si arrampicano il rovo e la vitalba, e circondati da boschi, costituiscono un ambiente di caccia ideale per alcune specie di rapaci che nidificano sulle pareti rocciose della vicina Rocca degli Uccelli, tra le quali il falco pellegrino (Falco peregrinus). Il sentiero si inoltra nuovamente nel bosco misto, mentre la pendenza, fino a questo momento in piano o in leggera salita, si accentua. Osservando il fondo del sentiero, cosparso da pietre spigolose disposte in modo disordinato, si possono notare due tipi di roccia: pietre grigie, lisce e compatte, e pietre più chiare, ruvide e formate da granellini di sabbia; le prime, dette “dolomie di San Pietro dei Monti”, sono calcari dolomitici e formano un suolo basico, mentre le seconde, delle “quarziti di Ponte di Nava”, danno origine ad un terreno acido. In breve si giunge al termine dell’itinerario, presso la cappelletta di S. Giacomo alla Colla di Magnone.

Noli

Arrampicare alle Manie e Capo Noli

Non possiamo non citare un’attività che in quasi sessant’anni di storia ha profondamente caratterizzato l’essenza del turismo su questi altopiani. Capo Noli e Altopiano delle Manie, abbiamo raccontato, sono in realtà parti di un sistema ambientale complesso che è l’intera area degli Altopiani Finalesi. Oggi quest’area, circa 2800 ettari, è uno dei riferimenti europei dell’arrampicata sportiva che qui ha vissuto una parte della propria storia caratterizzando la vocazione outdoor dei comuni della zona che hanno visto moltiplicare i visitatori e, soprattutto, hanno apprezzato uno dei pochi esempi effettivamente funzionanti di relazione tra turismo costiero e delle aree interne. Tra settori piccoli e grandi, più o meno nascosti, storici o moderni si contano oltre cinquanta siti per l’arrampicata compresi quelli (proprio nella zona di Capo Noli) sul mare, anzi a pelo d’acqua.

 Complessivamente nell’area si possono scalare oltre cinquemila itinerari (generalmente di una lunghezza di corda ma anche vie lunghe fino a 280 m) che coprono tutte le possibili richieste dei praticanti dal principiante all’atleta. E’ impossibile qui effettuare una selezione ma ci ripromettiamo in una prossima uscita sul blog di approfondire una piccola selezione di proposte per conoscere, da un punto di vista più “verticale” il Finalese sotto il profilo dell’arrampicata.

 Per coerenza con i contenuti di questo articolo dobbiamo però citare le piccole ed assai esigenti falesie delle Manie che, guarda caso, sono ricavate in pareti vicine o all’interno di cavità e dunque sono molto strapiombanti ed atletiche nonché i settori di arrampicata di Nolitudine, Malpasso e In Scio Bolesumme che sono esattamente sotto la SS Aurelia e quindi pressoché parallele al Sentiero del Pellegrino … 150 m più in basso ed offrono un idea del pazzesco mix di attività che si possono fare in questo territorio.

Ma ne parleremo ancora sperando che possiate scoprirle insieme alle Guide di Hike&Climb! Vi aspettiamo!


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HIKE & CLIMB – FABIO PALAZZO
Sono Guida Alpina UIAGM e Dottore Agronomo, docente a contratto di Pianificazione del Paesaggio presso l’Università di Genova. Vivo a Genova ma nel lavoro di Guida mi divido tra la Liguria, la Toscana, l’arco alpino e qualche bella esplorazione fuori dall’Europa.
Nelle due professioni, ormai da molti anni, cerco di unire le esperienze lavorative e personali in una sintesi che contribuisca ad arricchire chi entra nel mondo complesso ed emozionante delle montagne. Praticamente tutta la mia vita lavorativa è stata finora spesa nelle aree interne italiane. Che non sono solo montagne ma anche cultura materiale e comunità.
Accompagnando e formando come Guida o contribuendo al percorso dei giovani paesaggisti spero di condividere la consapevolezza per il valore e la sensibilità del territorio montano ed il suo riscatto attraverso la conoscenza e la pratica sportiva. Mai fine a se stessa.
Sono un Tecnico del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico ed un membro del Club Alpino Accademico Italiano nonché un socio ordinario dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e della Società Italiana dei Territorialisti.
 Spero di condividere con tutti Voi non solo esperienze ed informazioni ma anche una presa di posizione nei confronti del mondo che cambia attraverso un modo responsabile e partecipativo di esplorarlo. Anche dietro la porta di casa!

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