Declinazione di un borgo de l’Aquila per tramite dei cittadini e di millantati per tali
Ci sono storie così strane e improbabili da sembrare, appunto, solo storie. A volte, false lo sono davvero, altre volte contengono un nocciolo di verità che, data la singolarità del protagonista, si è ammantata di leggende e misteri al punto di renderla irriconoscibile. In altre occasioni è il destino a scegliere di confondere le acque, un destino che sceglie di accanirsi su elementi solidi e verificabili come per scelta senziente, come fosse uno editor che aggiusta i dettagli d’un racconto per renderlo più vendibile.
Pare esser questo il caso della vita e la morte di Gaspare Tagliacozzi, insigne chirurgo del cinquecento, antesignano della moderna rinoplastica. Circostanze riguardanti il suo operato di medico ed altre personali, sulla sua nascita e la morte, hanno comunque contribuito ad aumentarne la fama.

Ma chi scrive si è appassionato alle sue vicende per questioni, per così dire, di campanile, in quanto il nostro ha un cognome che ricorda il paesello d’Abruzzo in cui chi scrive è nato, tanto da far pensare a un genitivo di provenienza, come visto nella prima puntata di questo articolo. Da ciò partiamo, dunque, dai natali. Abbiamo già preventivamente liberato il campo da equivoci, Tagliacozzi, che operò nell’antica Università di Bologna, che gli tributò una statua tuttora visibile nel suo celebre Archiginnasio, a Bologna ci nacque, anche. Ciò è stato acclarato, ma in tempi e modi così rocamboleschi da tenere in piedi la diceria che davvero fosse originario di Tagliacozzo fino agli anni 30 del novecento.

È in questo periodo che Pietro Capparoni, fondatore della Società Italiana di Storia della Medicina, ne rinviene la fede di nascita nel libro dei battezzati della chiesa di San Pietro in Bologna. Prima d’allora, di date ne circolavano tante, Eppure, oltre a questo registro, esisteva un quadro che lo rappresentava in cui si riportava l’età e l’anno della realizzazione del dipinto: roba da conticino facile facile, ma no, evidentemente, per chi ama raschiare la polvere dei bauli in cerca della “verità vera”, quella che, chissà perché, il “mainstream” vorrebbe nascondere.
Ecco, in un certo senso, la storia di Gaspare Tagliacozzi, un privato familiare ordinario, una carriera medica documentata nel dettaglio, una morte per motivi naturali, una sepoltura semplice, è esemplare di come lo straordinario d’una vita da biografia non basti alla storia per essere raccontata. Così, per paradosso, la vita di uno scienziato esemplare, noto per aver inventato (o forse rielaborato, sperimentato e messo per iscritto) un sistema di ricostruzione del naso, basandosi su documenti e verifiche, alla storia sia passato, almeno per le tante biografie che fino a qualche tempo fa, per esempio, su internet, soverchiavano quelle più ufficiali. Ciò per i tanti tratti leggendari più o meno credibili.
Per carità, di stranezze, almeno per l’occhio moderno, nella carriera di un medico del cinquecento, se ne possono contare a iosa. Per esempio, senza TAC e risonanze magnetiche, lo studio dell’anatomia umana non è che abbia troppe strade d’approfondimento ulteriori rispetto alla dissezione dei cadaveri e dunque, di rapporti più o meno ufficiali con le confraternite che si occupavano di salme…
Il metodo di ricostruzione dei nasi, illustrato nel suo “De curtorum chirurgia per insitionem”, del 1597, poi, è esso stesso bizzarro. Consisteva nel tagliare un lembo di pelle dal braccio del paziente che aveva il naso rovinato e di saldarlo a ciò che di esso restava. Il corretto nutrimento di questa carne, altrimenti putrescente, era garantito dalla saldatura di braccio e volto mediante un apposito strumento. Dopo qualche settimana si tagliava e suturava la pelle autotrapiantata e… Voilà (si fa per dire).

Ma le circostanze su cui si è romanzato di più sono quelle che riguardano la morte e la sepoltura del nostro. E sì che morì per cause naturali e fu sepolto in una chiesa accanto alla quale insisteva un convento in cui s’erano ritirate due delle sue figlie. Ma certi destini paiono essere segnati. Così, a pochi giorni dalle esequie, in quello stesso convento, si sentì una misteriosa voce urlare che l’anima del chirurgo fosse maledetta. Si sa, le invidie in ambito accademico non mancavano neanche a quei tempi. E si tratta di tempi in cui certe cose si prendevano sul serio. E allora accadde che il corpo fu dissepolto e si procedette a un processo postumo sul suo operato di medico.
La notizia, riportata da molti cronisti ha fatto sorgere più d’una voce circa la fine delle sue spoglie. Fino a qualche tempo fa, furoreggiava quella per cui il suo corpo fu bruciato e la sua anima condannata per l’eterno dall’inquisizione che non aveva, e non avrebbe avuto per secoli, ammesso il metodo di trapianti chiamato, appunto, “Tagliacozzi”.
Del resto, non esiste oggi una tomba con i suoi resti. Stando ai documenti, però, pare che di vero in tutta questa elaborazione ci sia solo la prima parte, quella delle voci misteriose e del processo. Lo sappiamo perché, colpo di scena!, proprio in un’antica copia del suo “De curtorum chirurgia per insitionem”, venne rinvenuto, sempre ai primi del novecento, un appunto di un cronista dell’epoca che spiegava che le spoglie furono, dopo due anni dalla riesumazione, riposte nella tomba originaria e l’operato del chirurgo completamente riabilitato.
Il motivo per cui oggi non esiste la sua tomba è che nemmeno esiste più la chiesa in cui si trovava, dato il rifacimento della stessa nel 1869. Per quel che concerne l’influenza del suo metodo sulla medicina che venne dopo, va detto che la chirurgia plastica subì negli anni successivi alla sua morte un arresto nel proprio sviluppo. La riscoperta del Tagliacozzi si ebbe nella seconda metà dell’ottocento. Non è vero, invece, che la chiesa abbia maledetto l’innovativo sistema di trapianti di pelle. Vero è, però, che in questi stessi anni, oltre alle leggende, siano fiorite anche numerose ironie. Ma queste non erano mosse da colleghi invidiosi, ma quasi sempre da pensatori, moralisti e… commediografi!
Ma di questo ci occuperemo nell’ultima puntata, dove tenteremo di sciogliere l’enigma che ancora non ha, al contrario degli altri che hanno circolato sulla vita e la morte dell’illustre medico bolognese, una soluzione provata: perché gli storici tagliacozzani hanno insistito con tanta verve sulla tagliacozzanità del Tagliacozzi, anche contro le granitiche evidenze che man mano gli studiosi di tutto il mondo sfornavano? E perché erano certi che il suo vero nome fosse Trigambi?
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A cura di Andrea Buoninfante, direttore artistico di LandsTale, società benefit che si occupa di un innovativo progetto di comunicazione applicato al viaggio e al turismo. Il suo oggetto (il territorio, dunque, ma anche uno o più marchi, uno o più prodotti…) diviene con esso protagonista d’una storia – originale e scritta appositamente – che viene narrata e vissuta dal vivo attraverso il teatro, la scrittura, l’interattività e il gioco, sfruttando la curiosità e la partecipazione attiva dei destinatari.