Alla scoperta della Sardegna – La civiltà nuragica

Spesso mi capita di interagire, sia nella mia attività di guida che in quella di gestione del B&B, con clienti non sardi, italiani e stranieri; molti di questi non conoscono la civiltà nuragica che ha lasciato segni importanti sul territorio Isolano.

Per questo motivo, ho pensato di raccontare qualcosa sull’argomento, anche con l’intento di incuriosirvi al punto di spingervi a visitare i numerosissimi siti, molti dei quali gestiti da ottime guide che potranno accompagnarvi nella conoscenza e nella comprensione di questo mondo poco conosciuto. Inoltre, questo percorso si presta in modo ottimale anche a visite didattiche e uscite scolastiche per approfondire la storia e la cultura del territorio sardo.

La civiltà nuragica si è sviluppata in Sardegna dal XIX secolo a. C. fino al IV secolo a.C. Non abbiamo niente di scritto ma abbiamo moltissimi “bronzetti”: statuine votive in bronzo, che rappresentano figure umane (guerrieri, sacerdoti, pastori, pugilatori, figure femminili), animali (animali domestici, cervi, uccelli), navicelle e nuraghi.

Da queste rappresentazioni gli archeologi hanno ricavato moltissime informazioni sulla vita e l’organizzazione di questa popolazione. I bronzetti sono stati ritrovati principalmente in Sardegna, in luoghi di culto ma anche in siti archeologici, oltre che in Toscana, Lazio e altre zone del Mediterraneo.

La civiltà nuragica prende il nome da una delle tipologie di monumenti ancora osservabili: il nuraghe. Il nuraghe è una struttura megalitica, a pianta circolare, costruita con blocchi di roccia lavorati e posizionati in cerchi di diametro decrescente a costituire una tholos.

Il nuraghe può avere una torre o più torri, collegate da murature a creare una sorta di castello. Abbiamo in Sardegna circa 8000 nuraghi, più o meno ben conservati; queste costruzioni caratterizzano il paesaggio sardo e sono il simbolo della nostra Isola. Cosa erano i nuraghi? Gli archeologi fanno diverse ipotesi: luogo di abitazione del capo tribù, luogo di controllo del territorio (una sorta di castello), luogo di culto, luogo di attività quotidiane, luogo di custodia delle risorse alimentari. Erano probabilmente un po’ tutte queste cose.

Generalmente (ma non sempre) attorno ai nuraghi troviamo un certo numero di capanne, talvolta centinaia, a costituire un villaggio. Quindi è verosimile che il capo villaggio vivesse con la sua famiglia nella costruzione principale, dove venivano custodite anche le risorse alimentari e le ricchezze, difese da un presidio di guerrieri. Gli scavi archeologici hanno permesso di portare alla luce diversi oggetti e di ricostruire ambienti dedicato ai lavori quotidiani (cucina, tessitura, cucito, lavorazioni artigianali, etc).

Il ritrovamento di resti di pasto ci dice come l’alimentazione di queste popolazioni sia cambiata nel tempo anche in funzione della presenza più o meno abbondante di alcuni mammiferi (cervo, cinghiale, muflone, prolagus, coniglio, lepre, nonché animali domestici) nonché di mitili, pesci e vegetali. Si è accertato che i nuragici utilizzavano anche birra e vino.

Mi piace qui citare alcuni dei nuraghi meno conosciuti ma interessanti e imponenti per la loro posizione nel territorio; visitandoli possiamo, solo in parte, immaginare la vita dei nostri antenati ammirando le loro capacità costruttive.

Partirei col nuraghe di Goni, perfettamente conservato, per continuare col meglio conosciuto Nuraghe Arrubiu situato in territorio di Orroli, col nuraghe Serbissi e la sottostante grotta omonima, situato in territorio di Osini e Gairo, col nuraghe Orruinas, uno di quelli situati a maggiore quota, situato in territorio di Arzana, col nuraghe Montarbu, una vera spettacolare fortezza in territorio di Sinnai, col nuraghe di Siurgus Donigala e quello di Armungia, rari casi di nuraghi situati oggi in un centro abitato.

Come potete capire questi sono solo alcuni esempi: il territorio sardo è costellato da queste costruzioni e certamente esistono ancora siti da riportare alla luce.

I nuragici ci hanno lasciato anche altre costruzioni: le Tombe di giganti, i Pozzi sacri, i Templi a megaron e le Rotonde con bacile.

Le Tombe di giganti sono costruzioni megalitiche adibite a sepolture collettive. Secondo un’antica credenza erano le sepolture di giganti per la grande dimensione della costruzione, in lingua sarda “sa dom’è s’orcu”: si pensava che un essere mostruoso vivesse all’interno divorando le persone e lasciando sul terreno le loro ossa.

I massi lavorati sono disposti in file a formare una struttura con la pianta a forma di corna di toro secondo alcuni studiosi e a forma di apparato sessuale femminile secondo altri. La duplice simbologia taurina (forza) e femminile (fertilità) rappresenta il passaggio da questa vita a quella oltre la morte, dalla vita terrena al grembo di madre terra.

Talvolta uno a due betili (simboli fallici) affiancano l’ingresso, situato anteriormente in posizione centrale; da qui è possibile entrare nel sepolcro, in fondo al quale si trova spesso un piano orizzontale rialzato per la deposizione di offerte, ritrovate dagli archeologi in alcuni siti. Lo scheletro veniva deposto, previa scarnificazione da parte degli avvoltoi, calandolo dall’alto: le pietre di copertura potevano infatti essere rimosse all’occorrenza.

La parte anteriore della tomba (esedra) delimita un’area semicircolare ed è spesso dotata di una seduta, addossata alla tomba, nella quale si sostava per riti religiosi di congiunzione con gli antenati, in grado di aiutare i presenti nelle grandi decisioni e di guarire le malattie mentali. Questi erano i cosiddetti “riti di incubazione”.

Gli archeologi hanno ritrovato davanti alcune Tombe dei cerchi delimitati da pietre, contenenti resti di cibo e residui di combustione di probabili riti conviviali. Le tipologie costruttive della parte anteriore delle Tombe variano tra nord e centro-sud Sardegna. Alcuni esempi di Tombe di giganti sono quella di Is Concas (Quartucciu, CA), molto ben conservata; la Tomba di giganti di San Cosimo, in territorio di Gonnosfanadiga; la Tomba di giganti di Sa dom’è s’orcu in territorio di Siddi; la Tomba di giganti di Su niu ‘e su crobu in territorio di Sant’Antioco; le Tombe di giganti di Arena, in territorio di Urzulei, due affiancate e perfettamente allineate col Nuraghe Perd’è balla e il Tacco di Monte Novo San Giovanni.

Esempi e lasciti della civiltà nuragica in Sardegna
Allineamento Toma di giganti Arena Montenovo Nuraghe Perd’è balla

Questo tipo di allineamenti è stato riscontrato in numerose costruzioni nuragiche, veniva ottenuto grazie alla approfondita conoscenza dell’astronomia ed aveva probabilmente un valore religioso.

I Pozzi sacri sono templi ipogeici in cui si svolgeva il culto delle acque; l’edificio è una tholos rovesciata, scavata nel terreno e rivestita con grandi blocchi in pietra lavorati; al fondo si raccoglieva l’acqua. L’accesso avveniva con una scalinata in pietra e la tholos era sormontata da una volta con un foro centrale attraverso cui poteva entrare la luce lunare con funzione purificatrice.

In questi luoghi si facevano riti di culto e purificazione. Il pozzo è generalmente circondato da resti di capanne, con la base in pietra e il tetto in legno dove soggiornavano i fedeli. Tra i pozzo sacri è famosissimo per la cura e perfezione costruttiva quello di Santa Cristina, in territorio di Paulilatino; segnalo anche l’area sacra di Matzanni, in territorio di Vallermosa, dove troviamo tre Pozzi sacri e le capanne; meno conosciuto il Pozzo sacro di Is Pirois, in territorio di Villaputzu.

Esempi e lasciti della civiltà nuragica in Sardegna

I Templi a megaron hanno pianta rettangolare e per questo si differenziano dagli altri edifici nuragici sacri e non. Si pensa al risultato dei contatti con altre popolazioni del mediterraneo che conoscevano tecniche costruttive diverse.

Risalgono circa al 1000 a.C. e ne conosciamo una quindicina. L’edificio sacro, costruito in pietra, contiene un’area sacra interna in cui il sacerdote officiava il rito; all’interno dell’edificio soggiornavano i fedeli. Il Tempio a megaron più grande è quello di Sa domu ‘e Orgia situato in territorio di Esterzili; segnalo inoltre il Tempio a megaron di Su Romanzesu in territorio di Bitti e il Tempio a megaron di S’Arcu is forros in territorio di Villagrande Strisaili.

Esempi e lasciti della civiltà nuragica in Sardegna

Le rotonde con bacile sono strutture circolari costruite in pietra, dotate di un sedile lungo il perimetro interno, di un bacile centrale e un sistema di canalette che faceva circolare l’acqua. Lo scopo era forse rituale-religioso o, secondo alcuni archeologi, l’uso termale. Esempi di queste strutture a Sa Sedda ‘e sos carros in territorio di Oliena, a S’Arcu is forros in territorio di Villagrande Strisaili, nel villaggio di Abini in territorio di Teti, nel complesso di Barumini.

Non ho volutamente accennato al ritrovamento dei Giganti di Monte Prama che saranno oggetto di un prossimo approfondimento. Come potete vedere la civiltà nuragica ha lasciato sul territorio sardo moltissime ed evidenti tracce della sua presenza.

Se siete interessati ad approfondire la conoscenza del territorio sardo e della civiltà che maggiormente ha lasciato il segno nella nostra Isola, contattatemi mediante il form qui sotto: vi aspetto!


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Ciao, sono Stefania Contini, una Guida Escursionistica Ambientale iscritta al Registro Regionale della Regione Sardegna. Sono una Biologa e Naturalista, Dottore in Ecopatologia della Fauna Selvatica, amo molto la mia Terra; dopo un percorso di formazione articolato ho capito che la mia vocazione è quella di accompagnare le persone “Alla scoperta di..”: è questo il nome della ditta individuale con cui esercito l’attività di guida nella gran parte del territorio sardo. Vivo nel sud-est dell’Isola, dove ho aperto il B&B Sette Fratelli, situato ai piedi della foresta omonima. Vi aspetto!

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