Il palazzo comunale di Tarquinia e la Sala degli Affreschi (VT)

Quando il maestoso palazzo comunale di Tarquinia venne edificato nella parte alta della città, come già raccontato nel mio precedente articolo, essa si chiamava Corneto a causa dei  boschi di corniolo che la circondavano.

La costruzione del municipio ebbe inizio nei primi anni del XIII secolo ed un‘epigrafe afferma che i lavori finirono il 12 agosto 1266.

In realtà essi non finirono mai e, secolo dopo secolo fu tutto un susseguirsi di modifiche, restauri ed ampliamenti.

Nel primo decennio del 1500, dopo un incendio devastante, Donato Bramante si interessò al suo restauro, e soprattutto nella poderosa e armonica torre civica riconosciamo la “zampata” bramantesca.

Ciò nonostante più che dalle modifiche  cinquecentesche, il palazzo appare connotato dal nucleo originario, che presenta in modo esemplare le tre caratteristiche tipiche del comune medioevale italiano: l’arco della mercanzia sotto il quale si svolgevano i commerci quotidiani, la spettacolare scalinata costituita da 53 ripidi gradoni e la loggia che era  anche l’arengo e portava alla camera dove si tenevano le riunioni consiliari o introduceva agli ambienti della cancelleria.

Una delle grandi stanze palatine, che nello scorrere dei secoli fu adibita ora  a cancelleria, ora  a sala consigliare, ora  a  emblematico atrio di rappresentanza, oggi è nota come  “Sala degli Affreschi”.

I lavori di abbellimento della sala iniziarono nel 1598 e terminarono nel 1636. Gli affreschi celebrano, tramite il ricordo di eventi mitologici e storici, la nobiltà di Corneto, città antichissima, madre di Roma e sua fedele paladina.

Leggeremo insieme i quadri principali, iniziando dal grande albero genealogico che campeggia nella parete nord della sala.

In quest’albero, Corneto volle orgogliosamente celebrare se stessa come la città dalla quale nacque la stirpe dei fondatori di Roma.

Dai rami pendono i ritratti di trenta personaggi regali, in stretta connessione di ascendenza e discendenza reciproca.

Tutto ebbe origine  dal figlio di Giove, il re Corito, dalla cui progenie nacque anche Tarchon, l’eroe indovino che fondò Tarquinia etrusca.

L’albero si conclude in alto con il ritratto dei due gemelli sormontato da un drappo verde nel quale sono dipinte la lupa capitolina che li allatta e l’urbe fortificata chiaramente derivante da Corneto.

Dalla mitologia passiamo alle rappresentazioni realistiche con due grandi quadri   dove  si celebra  di nuovo il collegamento tra Roma e Corneto e che hanno come protagonista il potentissimo “Cardinal di Corneto“ Giovanni Vitelleschi,  guerriero e spietato.

La scena sulla parete opposta al grande albero genealogico rappresenta  il senato romano riunito in seduta straordinaria in campidoglio il 12 settembre 1436 per concedere ai cornetani la cittadinanza romana.

In basso a destra compare anche il bozzetto della statua equestre che il popolo romano  avrebbe voluto dedicare al Vitelleschi per celebrarne la potenza indiscussa nella Roma quattrocentesca.

Il monumento sarebbe stato modellato da Donatello e collocato in campidoglio, ma purtroppo  non fu mai eseguito.

Gli affreschi della parete ovest ritraggono invece il cardinale -condottiero in uno dei tanti momenti trionfali della sua vita, cioè mentre scorta il papa ,che, solo grazie al suo intervento militare, poteva rientrare nel pieno dei poteri a Roma, dopo esserne stato cacciato dal popolo.

Il corteo di Eugenio IV che, nel 1434 torna  trionfante a Roma accompagnato dal Vitelleschi in vesti cardinalizie e dal suo esercito, si snoda in primo piano, più in alto, come in un lontano antefatto, è invece dipinta la scena della convulsa fuga del pontefice che a stento si sottrae alla furia degli inseguitori armati di archi  e di pietre, nascosto in un barcone che scivola velocemente sulle acque del Tevere.

Corneto si racconta quindi attraverso il pennello di sapienti pittori viterbesi. Vi aspetto per una visita guidata tra storia e storie!


Mi chiamo Claudia Moroni. Sono una guida turistica abilitata dal 2006 nella regione Lazio. Vivo a Tarquinia, nel cuore della Maremma, la porta d’ingresso della Tuscia, una città dove gli etruschi hanno lasciato tracce indelebili tanto che le necropoli con le tombe dipinte sono diventate insieme a Cerveteri nel 2004 un sito Unesco. L’essere una guida turistica, per me, significa amare il territorio in cui vivi, con le sue ricchezze artistiche, culturali e ambientali, e cercare di trasmettere questo amore alle persone che si affidano a me per conoscere la zona. Insomma, mi piace considerarmi una “custode” della mia terra, dei suoi segreti e delle sue bellezze!
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