Calabria: Terra da Vivere – I Pulcënëllë e l’Uerse di Alessandria del Carretto (CS)

Questo particolare rito di Carnevale si svolge nel nord della Calabria, precisamente ad Alessandria del Carretto (CS), a pochi chilometri in linea d’aria dal Mar Ionio e dal Monte Pollino. Questo luogo, alle pendici del gruppo montuoso dello Sparviere è riuscito a conservare nel tempo uno dei Carnevali più particolari di tutta l’area.

Alessandria del Carretto, seppure alcune attestazioni storiche nel circondario sono molto più antiche, nasce nel 1.633 per volontà di Alessandro Pignone del Carretto per poter aumentare l’utilizzo dei fondi agricoli oltre quelli del suo feudo di Oriolo. Oggi rappresenta una località molto importante sia per aspetti legati alla componente naturalistica e ambientale, che per quella antropologica e culturale.

Proprio tra le sue peculiarità antropologiche e culturali sono i protagonisti di questa tradizione: le due maschere indicate come i Pulcënëllë bielle e l’Uerse. Possiamo immaginarli come la rappresentazione delle forze positive e di quelle negative della natura e del mondo che accoglieva la popolazione da cui la manifestazione ha origine.

Negli ultimi anni con la maggiore diffusione e notorietà dell’evento, si è organizzato per i tanti visitatori, un momento dedicato alla visione della vestizione della prima maschera. Già questo è un vero rito, scandito da fasi rigorose e sequenze di gesti che solo gli interpreti conoscono fino a fondo. Gli sguardi, i sorrisi e le intese di questo momento rimarcano quel forte legame e la forte empatia tra chi è addetto ad aiutare e colui che interpreterà il ruolo della maschera: il Pulcënëllë bielle.

Tantissimo ci sarebbe da dire proprio sul costume ma sono due le curiosità che vi racconterò: la presenza dello specchio sul copricapo è un monito che serve a ricordare a tutti, che nonostante durante la manifestazione la maschera copra il vero volto e si diventi per un attimo un’altra persona, la realtà è sempre ben manifesta e presente, e ad essa alla fine si tornerà; secondo è lo sviluppo dei costumi che sono tramandati da padre in figlio, e dove data la povertà dei proprietari non vi compaiono ammennicoli d’oro, gemme preziose o tessuti rari, ma al contrario tutto quanto ciò di colorato e appariscente potesse essere utile e servire ad abbellire, con la massima onorabilità, l’intero costume.

Completata questa fase lunga e articolata, i due primi Pulcënëllë escono dal palazzo aperto al pubblico ed iniziano, tra i suoni dei loro campanacci, le musiche delle zampogne e dei tamburelli, i loro passi di danza e i movimenti del loro “scruiazzo” (il loro bastone di legno con attaccate all’apice da un filo, delle palline di lana) ad animare la folla. Subito dopo inizia la sfilata per andare a recuperare tutti gli altri Pulcënëllë che nel frattempo si sono preparati nelle case. Questo è uno dei momenti più belli. Tra fotografi, videomaker e curiosi, ci sono tanti abitanti del posto che seguono festosi i loro Pulcënëllë, stradina dopo stradina, tra pause per ballare e festeggiare. Tutti li “inseguono” e provano a stare in testa alla sfilata insieme a loro.

Si passa così di casa in casa finché tutti i Pulcënëllë bielle non sono riuniti, ed è qui che iniziano a danzare a ritmo di musica popolare, che i suonatori intanto, mai hanno fatto fermare. I colori sono stupendi, tra campanellini, nastri, spille, medagliette, fasce e teli di tutte le forme, tonalità e dimensioni che si muovono al ritmo dei loro balzi. E’ un momento pieno di significati, e che tra gli altri, scandisce un tempo che ricordava a tutti l’arrivo della primavera.

Quando tutto sembra un momento di gioia e festa ecco all’improvviso arrivare la loro antitesi: il Pulcënëllë brutte, “l’Uerse“. Vestito con una pelle nera, catene, campanacci e corna. Questa, che personifica il male e la parte negativa della storia raccontata da questi costumi, arriva correndo e lanciando cenere mentre altre figure vestite di nero provano a tenerla bloccata con le catene a lui legate. E’ di per sé un momento che crea confusione e caos nello spirito della festa e dello scherzo. Tanti sono i “colpiti” dalla maschera che sparisce e ricompare all’improvviso proprio creando il disordine tra la folla, fino a quando all’ultimo “attacco”, l’Uerse viene definitivamente catturato e portato via per poter continuare a ballare e festeggiare insieme.

Un rito stupendo, dove è chiaro ed evidente l’orgoglio e la voglia di partecipazione di tutti gli alessandrini. Un momento recuperato dopo gli stop forzati degli ultimi anni, e dove la vera essenza, dai costumi alla manifestazione stessa, è data dalla semplicità (solo apparente in realtà). Caratteristica che rispecchia pienamente l’originalità e la tradizione rimasta integra nel tempo. Un momento di vera festa condiviso da tutta la comunità e che ha radici antichissime, come particolare è la cultura e l’aspetto antropologico di questo paese incastonato nel versante più orientale del Pollino.

Un evento che suggerisco a tutti di vivere almeno una volta per entrare a far parte della comunità di Alessandria del Carretto e del suo retaggio almeno per un giorno. Naturalmente io sono a disposizione per raccontarti le meraviglie di questi luoghi e accompagnarti in quest’area o in tante altre escursioni nel Parco Nazionale più grande d’Italia e tra i borghi ed i luoghi di cultura del mio territorio. Ti aspetto per camminare insieme: contattami!


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Ciao, sono Andrea Vacchiano. Vivo nell’area protetta più grande d’Italia: il Parco Nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata. E proprio qui, amante della mia stupenda e controversa terra, sono diventato prima Guida ufficiale del Parco (2013), e poi Guida Turistica abilitata (2019). Ho intrapreso questa strada con passione e voglia di fare perché credo nel valore di questo territorio che ha conservato luoghi ricchi di arte, storia e natura davvero unici. Ti aspetto per visitarli insieme!

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