Calabria Terra da Vivere – La Mitica Sybaris

Quella che sto per raccontarvi è la storia di una grandissima città antica. Tra le grandi, se non la più grande, della Megále Hellás, la Magna Grecia. In un periodo in cui la più fiorente delle civiltà esplodeva di ricchezza e cultura, primeggiava tra tutte la famosa e celebre Sybaris.

Panoramica del Parco del Cavallo

La Calabria, ha accolto una serie di coloni greci che, inviati dall’Oracolo di Delfi, raggiungevano le coste della regione per fondare nuove città, come soluzione alla mancanza di risorse della madre patria e al crescente numero di abitanti. Is di Elice, l’ecista (il capo della spedizione) che condusse i coloni Achei, aveva come obiettivo la fertile e ampia pianura compresa tra il fiume Sybaris e il fiume Crati, oggi nella provincia di Cosenza, ed ancora indicata proprio come la Piana di Sibari.

Giunti in questo territorio fondò, nel 720 a.C., Sybaris, che presto diventò ricca e popolosa, tanto da divenire la più importante delle città. Si concluse senza gloria però la sua esistenza, perché nel 510 a.C. in piena ostilità con la rivale Kroton, venne sconfitta da quest’ultima in battaglia. Alcune fonti parlano di una lotta che vedeva da parte dei crotoniati la presenza di 100.000 uomini, contro i 300.000 sibariti! Numeri enormi se si considera l’epoca!

L’esercito di Sybaris venne sconfitto, e i Crotoniati, consigliati da Pitagora e non volendo rischiare che la città concorrente si riprendesse, deviarono il fiume Crati, dopo aver saccheggiato e vandalizzato la città, sommergendola e condannandola definitivamente.

Nel tempo, per volontà di Pericle, conscio dell’importanza strategica di quel territorio, sulla stessa area, venne fondata una seconda città: Thurii, 444-443 a.C. che comunque mai raggiunse la fama della prima; in una fase successiva, nel 194 d.C. con il dominio romano, la città di Thurii prese il nome di Copia, venendo abbandonata completamente all’incirca nel VII-VIII secolo d.C. .

Agli inizi del ‘900 divenne quasi un mito: gli archeologi e gli storici non riuscivano a trovare la grande città di cui parlavano le fonti, cosa che si rivelava quasi impossibile visto la grandiosità e la grandezza narrate dai documenti antichi. La svolta arrivò con Umberto Zanotti Bianco, che si interessò alla ricerca dell’antica Sybaris e identificò una colonna emergente per poi rinvenire, riutilizzata in un muro romano, una testa maschile arcaica in calcare, conservata al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, prova che avrebbe aperto la discussione e il grande interesse nella ricerca del sito. Si sarebbero dovute attendere altre indagini e acquisire altri dati prima di avere conferma che al di sotto di quella superficie vi era la leggendaria città di Sybaris.

Oggi quella stessa area è stata oggetto di scavi, ed è fruibile per i visitatori grazie alla realizzazione del Parco Archeologico di Sibari. Le passarelle conducono all’abitato di cui è stata portata alla luce solo una parte, che corrisponde al “Parco del Cavallo”, mentre non visitabili sono “Prolungamento Strada”, “Casa Bianca” e “Stombi”, che completano tutte le aree indagate ad oggi che hanno portato alla luce strutture e reperti antichi.

C’è da considerare che tutto ciò che è visibile, risale perlopiù all’epoca recente, e cioè quella romana, mentre l’assetto stradale è da attribuire all’epoca di Thurii quando un grande dell’antichità, Ippodamo da Mileto, probabilmente il primo urbanista della storia, strutturò e disegnò le strade della città. Egli compose assi principali, chiamate plateia, e assi secondari, chiamati stenopoi, che si intersecavano servendo in maniera ottimale tutti i quartieri della città.

Dettaglio dell’acquedotto della città

Tra le più importanti testimonianze, compongono l’area del Parco del Cavallo: l’emiciclo-teatro, le terme e la villa romana.

Il grande emiciclo-teatro fu edificato reimpiegando elementi architettonici recuperati da strutture arcaica e classica di Sybaris e Thurii. La struttura iniziale del Porticus era di 63×37 m, e presentava 16 colonne ioniche nella curva posta a nord della pianta, mentre nel tratto rettilineo ve ne erano altre 14 prima della trasformazione nel piccolo ed elegante teatro che comportò la realizzazione del fronte scena a discapito di queste. Alle spalle furono realizzati anche alcuni spazi che probabilmente nel tempo assunsero anche il ruolo di tabernae. Durante il cambio di destinazione inoltre, il complesso presentava una piccola orchestra semicircolare, pavimentata con lastre di marmi bianchi e colorati. La cavea poteva ospitare ben 2000 persone e il palcoscenico sopra elevato, ospitava un impalcato ligneo che poggiava su rocchi di colonne stuccati provenienti dallo spoglio di un porticato dorico di età ellenistica; tale spazio cavo fungeva da vera e propria cassa di risonanza!

Il complesso delle terme di Copia, di 50×23 m, sostituì un primo balineum di età Repubblicana. Del primo complesso rimane quello che è uno straordinario pavimento in mosaico bicromo ornato da croci uncinate sullo sfondo scuro, e dalla successiva realizzazione del III secolo d.C. di un secondo mosaico a tessere nere su fondo bianco a motivi geometrici che delimitavano una raffigurazione centrale di cui rimane ad oggi solo un carro di Nettuno con pesci e delfini. Al contrario di quanto si crede, le croci uncinate, poi divenute svastiche, sono simboli positivi utilizzati per raffigurare il sole, importante elemento per la ricchezza e la grande capacità produttiva dell’antica Sybaris prima, e delle successive città, che dovevano alla bontà del clima e della fertilità del suolo la maggior parte del loro benessere.

Colonne delle terme e vista sulla plateia

Infine non è da lasciarsi sfuggire la grande Domus che spicca per tipologia, dimensioni e apparato decorativo dal resto delle costruzioni interessate dallo scavo. Estesa su circa 2.400 mq è costruita in età tardo repubblicana, all’incirca nel I secolo a.C. ma sopravvive ed è utilizzata per ben 700 anni! Durante questo periodo i suoi locali vengono modificati e subisce diversi rimaneggiamenti e cambi di destinazione, ma ciò non toglie l’importanza della sua longevità. Importante oltre le rifiniture delle pareti, è il magnifico pavimento realizzato in opus sectile che dà una maggiore importanza alla sala di cui ne decora il suolo.

Pavimento della domus in opus sectile

Questo è solo un accenno della maestosità e della bellezza di questa importante area archeologica che ancora oggi ha molto da regalare ai futuri studi e scavi. Se vuoi visitarla e ascoltare la sua storia passo dopo passo, camminando lungo le sue plateiai e stenopoi contattami e sarò contento di raccontarti le sue leggende e la sua storia.


Ciao, sono Andrea. Vivo nell’area protetta più grande d’Italia: il Parco Nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata. E proprio qui, amante della mia stupenda e controversa terra, sono diventato prima Guida ufficiale del Parco (2013), e poi Guida Turistica abilitata (2019). Ho intrapreso questa strada con passione e voglia di fare perché credo nel valore di questo territorio che ha conservato luoghi ricchi di arte, storia e natura davvero unici.
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