Venezia d’autore – La cultura della maschera veneziana

Secondo Donato Sartori (celebre “mascarero“) bisogna distinguere due tipologie fondamentali di maschera:
– la maschera scenica e teatrale;
– il finto volto dietro il quale nascondersi allo scopo di non essere riconosciuti.
In pratica, la prima funzione è di creare una nuova identità, la seconda è di annullare la propria.

La Bauta

La cultura veneziana della maschera sviluppa entrambe le potenzialità del concetto di maschera, ma per entrambe sviluppa anche una connotazione estetica propria ed originale.
Inoltre Sartori ci avverte che la maschera non è unicum uniforme che attraversa intatti luoghi e tempi, ma al contrario i suoi significati e le sue simbologie variano da epoca a epoca e da cultura a cultura.
Quindi anche all’interno della storia stessa di Venezia la maschera assume valori diversi in epoche diverse. Basti pensare al significato della maschera odierna nella sua funzione meramente turistica…

Le maschere di Carnevale

Ma esiste anche una terza funzione della maschera: rivelare.
E sarà proprio questa che determinerà l’enorme successo della maschera veneziana: portare alla luce il proprio lato nascosto, assumere le sembianze di questo lato oscuro, viverlo ed esternarlo, ma con l’impagabile vantaggio di farlo in un ambiente protetto.
Insomma Freud non ha inventato niente: le maschere svolgevano già quella funzione terapeutica!

Maschere veneziane

La cultura della maschera risulta diffusa universalmente, ma il legame tra Venezia e la maschera risulta più solido che altrove. 
Mentre nelle altre città l’uso e la tradizione della maschera appaiono confinati nel periodo del Carnevale, a Venezia la maschera sembra invadere, con un effetto perturbante, tutte le sfere della vita sociale anche al di fuori del periodo del Carnevale.

Normalmente l’uso della maschera risponde al rituale di una sospensione delle regole e della conseguente trasgressione delle regole, che serve a riconoscerne la sovranità durante il resto dell’anno. A Venezia invece la presenza della maschera è aprogrammatica senza perdere però il suo carattere di maschera.

È dunque l’ambiguità del Carnevale e la rappresentazione scenica che irrompe nella vita quotidiana, o è la realtà urbana veneziana così particolare, surreale, ai confini del sogno, che irrompe nella rappresentazione scenica?

Difficile rispondere… probabilmente sono vere entrambe!


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Walter Fano, nato da padre piemontese e madre veneta, ha vissuto per lo più tra Torino, Milano e Venezia, ma è in quest’ultima che si sente a “casa”. Appassionato di storia dell’arte decide di diventare guida turistica, ma con un’impronta meno accademica e più narrativa (le date e i nomi si dimenticano facilmente, le storie no). Crea l’associazione “L’altra Venezia” con l’intento di mostrare ai viaggiatori più sensibili e curiosi una Venezia meno turistica e più autentica.

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